Napoli, urge più coraggio. Conte deve rischiare maggiormente per vincere
L'analisi a "freddo" di Napoli-Eintracht, i partenopei specialmente in Europa devono avere maggiore coraggio per cercare la vittoria. Antonio Conte deve osare di più.

L’analisi a bocce ferme e adrenalina bassa del giorno dopo suggerisce alcune, evidenti verità e talune sottili, involontarie mistificazioni. Da buon analista, dopo aver guardato la gara, Napoli-Eintracht, e alcuni spezzoni anche più volte, mi sono addentrato nei dati post partita per averne una lettura diversa, come spesso accade, da quello maturata dalla semplice, comune osservazione visiva. Ecco le conclusioni ricavate.
Il mito di De Bruyne quaterback
Ebbene dunque, guardi i dati relativi alla contesa, ascolti le dichiarazioni di Conte nel post partita e pensi che tutto sommato il Napoli abbia fatto il suo. Niente di più sbagliato. Possesso palla 64%, 50 possessi persi dai tedeschi nella loro metà campo, 5 corner battuti (male ancora una volta) a 3, il 90% di precisione al passaggio (quasi tutti scolastici), 18 tiri scagliati verso la porta tedesca (quasi tutti innocui) contro i 7 degli ospiti…un allenatore che porta questi temi in conferenza, senza trascurare il consueto passaggio sugli infortuni e la vedovanza Lukaku/De Bruyne. Il problema però, o la fortuna a seconda dei punti di vista, è che come talvolta accade, bisogna andare ben oltre i numeri per avere il quadro reale di ciò che si è palesato in campo. Intanto, ricordiamolo, gli azzurri affrontavano la peggior difesa della Champions, e anche peggior difesa della Bundesliga in trasferta. Eppure, a parte l’atteggiamento tattico “italianista” che Conte ha sottolineato e che certamente non si aspettava, in campo sembrava tutt’altro. Una squadra, quella di Toppmoller, che si è difesa senza affanni, con qualche astuzia nonostante la giovane età, e con ordine. Compito agevolato in gran misura da un Napoli che, come andiamo sottolineando da tempo, De Bruyne o non De Bruyne, gioca in maniera scolastica, con un ritmo da fine stagione e con intensità intermittente quando non assente. Ricordando un vecchio adagio, e cioè che chi è assente ha sempre ragione, sottolineiamo come anche ieri si sia visto un Napoli ordinato, anche troppo, nel suo essere borghese, mai garibaldino nelle idee e nelle azioni, quanto piuttosto conservatore, proprio come il suo allenatore. Ancora una volta, anche ieri sera, in tante occasioni i partenopei, riconquistata la palla, anche velocemente, nella metà campo avversaria, anziché provare l’imbucata oppure la percussione, tornavano indietro per consolidare il possesso, permettendo alle linee difensive avversarie di riprendere posizione, dovendo così ricominciare la giostra di un possesso lento, prevedibile e spesso noioso. Ho sentito e letto da più parti che l’assenza di De Bruyne, comunque grave sia chiaro, avrebbe privato il Napoli di colui che arma Hojlund, a mò di quarterback del football americano e che da quando il belga è out nel Napoli si sarebbe spenta la luce. Narrazione fasulla e poco oggettiva, smentita dai fatti e dalle cronache che raccontano di due assist del belga per il danese, entrambi in Champions e nella stessa partita, di pregevolissima fattura, ma pochi per certificare la leadership mai totalmente conquistata dal genio di Drongen nelle partite, tutte da titolare, disputate dall’inizio di stagione. E troppo facilmente ci si dimentica delle critiche, giuste, mosse al giocatore per impalpabilità e incapacità di incidere in mezzo al campo in diverse partite. Si potrebbe piuttosto sottolineare, e pochi lo fanno, che con la forzata defezione dell’asso belga, il Napoli abbia ritrovato la solidità difensiva che lo scorso anno era stata la vera forza della squadra. Dal rigore sciagurato che ha sancito il lungo stop del belga, gli azzurri hanno subito solo un gol, e su rigore, in 4 partite.
La crescita (presunta) di mentalità
Il focus, abilmente spostato dal tecnico su tematiche poco pertinenti con ciò che si è visto in campo, è sulla mentalità europea che il tecnico stesso, probabilmente, sembra non aver ancora acquisito. Conte non ci può raccontare che il Napoli e Napoli devono crescere anche in Europa e acquisire la mentalità Champions, perché il Napoli di De Laurentiis e il pubblico del Maradona hanno frequentato certi palcoscenici per 9 degli ultimi 14 anni, e raggiunto nelle ultime 2 partecipazioni, i quarti di finale nel 2022/23, eliminato nel modo che sappiamo dal Milan, e gli ottavi di finale nel 2023/24, eliminato dal Barcellona. E anche nelle partecipazioni precedenti, le serate Champions casalinghe erano contrassegnate da un undici che scendeva in campo con spirito garibaldino e atteggiamento piratesco che alimentavano lo stesso pubblico di Fuorigrotta trascinandolo con sé e rendendo l’ambiente una bolgia intimidatoria per gli avversari. Grande tecnico Conte, sia chiaro, ma il fatto che nelle competizioni internazionali non abbia mai brillato non è un caso. La certificazione di questa sua non maturità in Europa arriva, chiara ed evidente, dalle dichiarazioni sue, ma anche dei suoi calciatori che nell’immediato dopo gara affermavano che quando non puoi vincere certe partite allora devi almeno non perderle. Ecco, l’errore di impostazione e di mentalità, almeno in Europa, sta tutto qui, perché a certi livelli, vale l’esatto contrario. La Champions, e la storia lo insegna, premia spesso chi osa di più. Nella massima competizione europea, oltre a giocarsi un calcio di intensità e di ritmo notevolmente superiori a quelli espressi dal nostro campionato e anche dal Napoli, conta provare a vincere anche rischiando di perdere, a maggior ragione da quando la vittoria vale 3 punti. Ecco quindi che, in virtù di queste considerazioni, il conservatorismo di Conte, il suo Napoli borghesemente ordinato, oltre a non scaldare il pubblico come sempre presente e numeroso del Maradona, rischia di uscire dall’Europa di lusso per non aver osato abbastanza, anche in partite come quella di ieri in cui la vittoria era di fondamentale importanza considerata anche la classifica dei tedeschi, parsi in realtà sul campo davvero poca cosa.
I problemi veri, quelli, della squadra
Chi ci legge sa bene che, da queste colonne, anche nella scorsa vittoriosa stagione abbiamo evidenziato lo scarso livello di qualità di gioco e le poche reali alternative ad una manovra spesso prevedibile e monocorde. Se è vero, come è vero, che l’acquisto di Kevin De Bruyne doveva servire proprio in questa chiave, e dunque la sua assenza ha privato il Napoli del giocatore deputato ad accendere la luce, è altrettanto vero che da giocatori pagati a peso d’oro è lecito aspettarsi di più. Da Sam Beukema, ormai assente da un po', Lorenzo Lucca, deludente il suo inizio di stagione, e Rasmus Hojlund, anche ieri non pervenuto, il Napoli sperava evidentemente di ottenere molto di più. Su quest’ultimo vale la pena di spendere qualche considerazione a parte. In primo luogo, un attaccante sul quale De Laurentiis ha investito così tanto, non può avere nel solo attacco dello spazio e della profondità il suo pregio migliore. Ieri, ancora una volta, ha dimostrato di non riuscire a proteggere palla adeguatamente spalle alla porta e, cosa forse più grave, di non avere i tempi di attacco alla porta, specie del primo palo. In molte occasioni, innescato con cross dai lati sia da Elmas che dall’ottimo Gutierrez, è parso in ritardo, puntualmente anticipato da Koch. Ma riflessioni vanno fatte, forse anche in maniera più approfondita, sulla vecchia guardia. Di Lorenzo e Politano sono evidentemente stanchi e andrebbero fatti riposare quando possibile, Lobotka è ancora lontano parente del Lobotka che conosciamo e Neres sembra non incidere, anche se non va trascurato il fatto che, relativamente alla gara di ieri, su quel lato, Politano prima e Neres poi, sono stati letteralmente annullati da Nathaniel Brown, gioiello di sicuro avvenire e da tenere presente nel mercato a livello internazionale. Non è un caso che gli unici parsi più brillanti nelle idee, ma anche nelle gambe, siano stati Elmas, Gutierrez e, quando è entrato, Noa Lang. E’ auspicabile che il tecnico, almeno nelle gare di campionato, possa inserire dall’inizio queste frecce del proprio arco, senza trascurare il bravo Vergara, del quale abbiamo sentito tessere lodi dal tecnico stesso, ma che non ha mai visto il campo da inizio stagione, nemmeno quando sembrava evidente che qualche titolare in mezzo al campo avesse bisogno di rifiatare. E’ altrettanto auspicabile, in conclusione, che Conte e il suo staff si concentrino nella ricerca di nuove soluzioni tattiche, anche più coraggiose, rispetto a quanto ormai conosciuto dalla totalità degli avversari.
Bisogna avere più coraggio
Urge un Napoli più coraggioso nelle scelte del tecnico e di conseguenza in campo, una squadra che possa provocare un sussulto anche ad uno stadio che era una polveriera, una arena infuocata, divenuta da un po' borghese e silente, proprio come la squadra. Una squadra il cui spirito dovrebbe ricalcare quello di Partenope, di una terra infuocata e vulcanica, mai conservativa, ma passionale e spregiudicata, in cui l’assalto all’arma bianca è per indole preferito al “se non puoi vincere, meglio non perdere…”
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