Lazio, metriche e principi tattici della squadra "vintage" di Marco Baroni
Alla scoperta della Lazio di Marco Baroni, la squadra biancoceleste affronterà il Napoli per la 15esima giornata del campionato di Serie A.

A due giorni dalla sciagurata gara di Coppa Italia che ha visto la Lazio, comunque in versione rimaneggiata, avere la meglio con relativa semplicità della squadra senza capo né coda messa in campo inopinatamente dal tecnico Conte, ecco che si torna già subito con la testa al campionato. Domenica sera al Maradona si replica, ma stavolta con presupposti tecnico-tattici diversi e, come auspicano i tifosi, anche con esiti differenti. Sarà dunque un Napoli completamente diverso, ma anche una Lazio molto diversa da quella vincente di Coppa. Impariamo a conoscerne dunque numeri e principi tattici.
IL NUOVO CORSO DI BARONI E I SUOI PRINCIPI DI GIOCO. Non c’è stata, ad oggi, una partita della stagione che la Lazio ha chiaramente meritato di perdere. Anche le sconfitte hanno lasciato un’impressione legata spesso ad episodi e piccoli dettagli che non sono andati al loro posto, ma anche a come gioca la Lazio, al tipo di energia che mette in campo, all’attitudine con cui affronta le partite. Non c’è stata nessuna di queste partite che la squadra di Baroni non abbia affrontato con coraggio, ambizione e assoluta certezza di potersi prendere la vittoria. Quello che colpisce di questa squadra è che ogni volta che scende in campo gioca come fosse la squadra più forte sul terreno di gioco; e se è vero che qualcuno è riuscito a metterla in difficoltà, è altrettanto vero che nessuna squadra per ora è riuscita a metterla davvero sotto, a non subire almeno per una fase della partita la sua aggressività, quel modo un po’ sfrenato con cui i biancocelesti attaccano l’area avversaria. Quella dell’ottimo Baroni è una squadra sempre capace di accompagnare con tanti uomini l’azione e fluida nei propri smarcamenti. Come già il suo Hellas Verona, la sua Lazio attacca sempre in movimento, sempre alla massima velocità, andando avanti senza pensare troppo alle conseguenze, rivelandosi sotto questo aspetto come una squadra piuttosto contro-culturale nel calcio italiano, e sicuramente una delle più divertenti, cavalcando un istinto che è esaltante anche da vedere, e che sembra esaltare i giocatori stessi, tra i quali molti stanno probabilmente giocando ben oltre le aspettative. Questa istintività innata non nasconde alcuni limiti tecnici evidenti, nella qualità sulla trequarti, l’ultimo passaggio, ma è il trade che c’è stato nelle ultime due stagioni: la rinuncia alla qualità di Immobile, Luis Alberto e Milinkovic-Savic in favore di un atletismo e di una comunione d’intenti superiore. Anche da questo punto di vista questa Lazio sembra una versione di lusso di quell’Hellas, fatto da scarti e giocatori ripudiati, ma da un livello di calcio più alto e con un talento potenziale migliore. Una squadra, quella bianco-celeste, fatta di elementi come Mateo Guendouzi e Nuno Tavares, considerati inadeguati calcisticamente dall’Arsenal e umanamente dall’Olympique Marsiglia; come Mattia Zaccagni, titolare in Serie A a 24 anni dopo anni di B e C; ma anche come Manuel Lazzari, che a 20 era ancora in Serie D, e come lo stesso “Taty” Castellanos, che è dovuto passare per la MLS per farsi prendere sul serio; è la Lazio di Luca Pellegrini, la cui parabola ad alti livelli pareva esaurita; di Pedro e Vecino, che sembravano bolliti ormai cinque anni fa, di Romagnoli cacciato via dal Milan e di Mario Gila e Patric, esautorati dal Real Madrid e dal Barcellona. Senza dimenticare Samuel Gigot che dopo una carriera da giramondo sembra essere arrivato alla Lazio dopo aver perso una scommessa, e Boulaye Dia, bocciato dalla Liga, e rinato a Salerno. Una pletora di calciatori in cerca di riscatto, e con un talento forse sottovalutato dal mercato calcistico, e che nel calcio ultra-verticale e rischioso di Baroni giocano con l’energia pericolosa di chi non ha niente da perdere e tutto da guadagnare. Se consideriamo che nemmeno tre mesi fa la Lazio era ancora all’inizio di un processo di ricostruzione che pareva piuttosto lungo e difficile, con il terzo allenatore nell’arco di pochi mesi, una rosa che aveva perso gran parte dei suoi leader tecnici, il calciomercato estivo affidato per la prima volta fin dalla sua programmazione a un nuovo dirigente, dopo la fine della lunga era Tare, ad oggi la compagine del presidente Lotito assurge senza troppi dubbi, assieme alla Fiorentina di Palladino, al ruolo di rivelazione della stagione.
L’arrivo di giocatori molto atletici in conduzione come Nuno Tavares, Boulaye Dia e Tijjani Noslin con la concomitante decisione di fare a meno di un centrocampista più riflessivo come Cataldi, palesavano già l’intenzione di cambiare completamente rotta rispetto a quanto fatto con Sarri. Costruire, quindi, una squadra da transizioni e pressing, che giocasse più con l’aiuto dello spazio che del pallone, che avesse il controllo della dimensione intangibile dell’agonismo. Una squadra che, per l’appunto, ci facesse pensare che il gioco di posizione fosse ormai finito. Quelle del tecnico toscano paiono una serie di idee tattiche rispolverate dritte dagli anni ’90 e che, per la facilità con cui hanno attecchito, sembrano suggerire che il calcio è semplice, e che tutte le sofisticazioni arrivate negli ultimi trent’anni sono solo sono orpelli inutili, ombre del passato. Di fatto la Lazio usa davvero una serie di strumenti che sembravano essere stati superati dal calcio contemporaneo. Uno di questi? Costruire il gioco passando per i corridoi laterali, aggirando il pressing avversario invece che costringersi a passarci attraverso con il rischio di perdere palla in posizioni pericolose. L’idea di Baroni, piuttosto contemporanea, è quella fare densità nella zona del pallone, attirare la squadra avversaria da un lato, per poi colpirla con un cambio di gioco o con un cross in area. L'insistenza sui cross, in teoria, è in controtendenza rispetto alla strada intrapresa dal calcio europeo, ma la squadra di Baroni attacca l’area con i cross come quasi nessun’altra in Serie A, e in Europa risulta ad oggi la squadra che effettua più cross in assoluto, un dato difficile da spiegare, tanto più alla luce del fatto che la Lazio non ha grandi colpitori di testa, e che in parte si devono al coraggio con cui la squadra biancoceleste riempie l’area. Quando parte il cross, gli uomini in area avversaria sono sempre almeno quattro, e l’attacco dell’area parte quasi sempre dalla cosiddetta “seconda linea”. Non si aspetta il cross in area in maniera statica, insomma, ma ci si arriva da fuori, in modo da impedire ai difensori avversari di controllare sia la palla che i movimenti.
Un’altra scelta contro-intuitiva? Quella di mettere la coppia d’attacco in verticale anziché in orizzontale, e di chiedere di venire incontro a cucire al gioco non a Castellanos, a cui piace giocare tre le linee e associarsi coi compagni, ma a Dia, che invece a Salerno avevamo conosciuto per la precisione dei suoi movimenti in profondità alle spalle della linea avversaria. In questo modo la Lazio perde qualcosa nella precisione tecnica quando c’è da risalire il campo palleggiando (cosa che comunque gli interessa fare molto di meno rispetto al recente passato) ma ne guadagna in imprevedibilità nell’attacco dell’area, dato che Dia può entrarci in un secondo momento dopo aver contribuito alla fase di costruzione. Stringere il campo nella zona della palla permette alla Lazio di usare altre risorse offensive. Per esempio sovraccaricare le linee di passaggio di uomini per utilizzare il velo e liberare così i compagni con semplici passaggi esterno-interno. È piuttosto impressionante vedere come la squadra di Baroni accetti di correre rischi, perché abbiamo osservato come quando la Lazio prova a recuperare palla sulla trequarti avversaria, provando a comprimere l’avversario verso una delle due linee del fallo laterale, situazioni di parità o addirittura inferiorità numerica dall’altro lato del campo siano piuttosto frequenti. Questo è forse l’aspetto che potenzialmente più potrebbe rendere vulnerabile la Lazio, soprattutto contro squadre che sanno manipolare l’avversario con il possesso. Lo stesso si può dire del modo in cui fa affidamento sui duelli individuali e sui cross, contro squadre dal livello tecnico e atletico superiore.
ANALISI DELLE METRICHE A CONFRONTO
DIFESA DELLA PORTA. Lo studio delle metriche che proponiamo in grafica ha mostrato come la Lazio, che pure subisce poco in quanto a conclusioni verso la propria porta (quarta per tiri subiti totali e per tiri nello specchio), abbia tuttavia non poche difficoltà a tenere inviolata la propria porta (undicesima per clean sheets con il Napoli secondo e diciottesima per percentuale di parate con il Napoli terzo). Il risultato è che dispone della settima difesa della lega con 1,07 reti subite a gara, contro lo 0,57 degli azzurri che gli vale il secondo posto tra le migliori difese dopo la Juventus.
FASE DI NON POSSESSO
Il dato principale che balza all’occhio nella grafica relativa alla analisi della fase di non possesso riguarda il PPDA - Pass allowed Per Defensive Action – vale a dire il parametro che valuta il numero di passaggi concessi prima di intervenire con una azione difensiva mirata alla riconquista del possesso. La Lazio, con il valore di 9,54, il secondo più basso della Serie A dopo quello del Bologna di Italiano, certifica la aggressività degli uomini di Baroni, evidenziando una filosofia del tutto opposta a quella del Napoli che, con 13,46, quattordicesimo dato in lega, dimostra la propria non volontà di riconquista immediata e la sua posizione attendista di blocco. Per il resto delle metriche c’è sostanziale equilibrio, con l’eccezione dei duelli in cui per quelli aerei il Napoli si posiziona quarto e la Lazio quattordicesima, mentre per quelli a terra gli azzurri sono terzultimi e i bianco-celesti invece ottavi.
FASE DI POSSESSO
Nella fase di possesso, pur trovandoci al cospetto di due compagini che non prediligono il possesso prolungato quanto una verticalità spiccata, si evidenzia una prevalenza e una maggiore efficacia della Lazio nel Field Tilt, ossia nel possesso nell’ultimo terzo di campo, quarta con il 59,42% a fronte del 49,93% che relega i partenopei al decimo posto in questa graduatoria.
PRODUZIONE OFFENSIVA
Infine la fase di produzione offensiva evidenzia una eccellenza di questa Lazio. Terzo attacco del campionato con 1,86 reti di media – Napoli settimo con 1,36 – seconda per percentuale di conversione in gol con il 14,50% - Napoli nono con 11,17% - seconda per xG con 1,86 – Napoli ottavo a 1,35 – quarta per xT (minacce portate) con 1,43 – Napoli nono con 1,36.
ANALISI SWOT – PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Infine, come da consuetudine, riassumiamo nella grafica di seguito quelli che sono i punti di forza e di debolezza della Lazio di Baroni.
Se la capacità di sfruttare i propri uomini più pericolosi nelle corsie esterne, la ricerca della verticale sistematica che può mettere in gravi difficoltà se fatta con i tempi giusti, vista la bravura dei giocatori offensivi in spazi aperti, la solidità e fase di non possesso collettiva effettuata molto bene che difficilmente trova la squadra scoperta o sbilanciata, sono punti di forza dei bianco-celesti, gestione e circolazione del pallone a centrocampo hanno portato spesso alla perdita del possesso e a sanguinose ripartenze.
Inoltre la linea di difesa lavora con un baricentro troppo basso e sostiene poco la manovra, molto spesso piatta, facile da imbucare. La profondità della rosa in alcuni ruoli infine può sembrare inadeguata.





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