Tennis, Italia storica: vince la Coppa Davis per il terzo anno di fila. Che impresa Cobolli!
L'Italia conquista la sua terza Coppa Davis consecutiva e lo fa senza i due fari del tennis italiano: Jannik Sinner e Lorenzo Musetti.

Era la serata in cui tutto sembrava già scritto. Una Spagna senza complessi, un Munar indemoniato, un Cobolli che nei primi 40 minuti sembrava naufragare in un mare troppo agitato. E invece è andata come spesso accade alle grandi squadre: quando la partita sembra perduta, quando le certezze si sfaldano e il destino sembra abbandonarti, quella è l'ora in cui serve un uomo disposto a prendersi la responsabilità. Questa volta è stato Flavio Cobolli.
Alla Fiera di Bologna, davanti a diecimila spettatori in delirio, l'Italia ha alzato la sua terza Coppa Davis consecutiva, battendo gli spagnoli per 2-0, ma stavolta senza Sinner e Musetti. È un dettaglio che pesa, perché ogni vittoria azzurra in questa competizione, negli ultimi anni, era sembrata inevitabilmente figlia del genio di Jannik. E invece no: Matteo Berrettini prima, con la sua autorità su Carreno Busta, e Cobolli poi, con una rimonta da antologia, hanno riscritto la narrativa.
Il romano - già protagonista contro Austria e Belgio - ha ribaltato una partita che dopo il primo set sembrava appartenere solo alla storia della Spagna. Un 1-6 che raccontava di un Munar perfetto: servizio immacolato, vincenti chirurgici, gambe leggere come fossero sospese nel vuoto. Era uno di quegli incontri in cui l'avversario sembra "on fire" e tu non hai il codice per spegnerlo. E infatti Cobolli, impaurito, rigido, quasi irriconoscibile, entrava nel panico: pochissime prime, tanti errori forzati, cinque palle break mancate e lo spettro dell’imbarcata dietro l’angolo.
Poi, come spesso accade nelle giornate in cui il tennis decide di essere crudele e meraviglioso allo stesso tempo, qualcosa si spezza. O meglio: si accende.
Un nastro fortunoso, un punto recuperato con coraggio, una tensione che si scioglie per un attimo. È lì che Flavio capisce che Munar è umano, che il suo tennis offensivo può funzionare, che non tutto è perduto.
Il secondo set diventa così un duello, non più una condanna. Cobolli cambia marcia, si avvicina al campo, entra con il dritto, trova il rovescio lungolinea - la sua arma più elegante - e soprattutto trova la testa. Munar prova a resistere, cancella quattro set point sul 6-5, poi altri due nel tie-break, ma la diga prima o poi cede. E cede.
Nel terzo set si gioca sul filo del rasoio. Entrambi tengono i servizi con autorità fino al 5-5. Poi, nel momento che separa i bravi dai campioni, Munar si disunisce e Cobolli no. È coraggio puro, è fame, è maturità: break, chiusura, braccia al cielo.
L'Italia è campione. Ancora. Senza Sinner e Musetti, senza alibi, senza fronzoli.
Con un Berrettini ritrovato e un Cobolli che forse, proprio in questa notte, ha capito davvero chi può diventare.
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