Italia, quando capiranno che il vero problema non è Spalletti? C'è un aspetto più delicato
Luciano Spalletti paga i problemi di una Nazionale smarrita, ma il vero problema non è il tecnico di Certaldo. C'è un aspetto ancora più delicato.

L'Italia è sprofondata in una delle pagine più cupe della sua storia calcistica. Luciano Spalletti, chiamato al capezzale della Nazionale come il risolutore dei problemi, si è ritrovato a guidare un gruppo privo di motivazioni, smarrito, incapace di ritrovare un'identità collettiva. Dopo un Europeo deludente, il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, aveva deciso di confermarlo, forse nella speranza di unìimprobabile inversione di rotta.
L'esonero è arrivato però subito dopo la sconfitta nella prima partita delle qualificazioni ai Mondiali 2026 contro la Norvegia. Paradossalmente, Spalletti siederà comunque in panchina per l'ultima volta contro la Moldavia, da tecnico "dimissionato" ma ancora formalmente in carica. Un episodio che sintetizza alla perfezione lo stato confusionale di un'intera Federazione...e, forse, di un Paese.
Perché il problema della Nazionale è solo il riflesso di una crisi ben più profonda. Una crisi sistemica, culturale, sportiva. Un Paese dove i giovani fanno fatica ad emergere, dove il talento è spesso sacrificato sull'altare della tattica e dell'immediatezza, dove si preferisce acquistare lo straniero piuttosto che coltivare il vivaio.
La Nazionale, in fondo, finisce per rispecchiare i mali più profondi del Paese. Ne è prova anche la scarsa affluenza registrata ai recenti referendum abrogativi: un segnale eloquente di disillusione, rassegnazione, distanza sempre più marcata tra cittadini e istituzioni. Si è persa un'occasione preziosa per avviare un cambiamento concreto, per promuovere davvero i giovani e dare una svolta strutturale. E invece, tutto è rimasto immobile. Invariato.
Ma tornando al discorso Italia, quando si prenderà finalmente coscienza che il problema non è (solo) l'allenatore? Quando si comprenderà che il cambio di un CT non può risolvere criticità strutturali?
Il vero nodo è un altro: nei settori giovanili italiani non si lavora più sulla tecnica individuale, sull'estro, sulla capacità di saltare l'uomo. Altrove, invece, è proprio lì che si investe. In Georgia, ad esempio, come ha raccontato il giornalista Kakha Dgebuadze ai microfoni di AreaNapoli.it, i giovani si formano prioritariamente sulla tecnica. Ed è così che nascono talenti come Khvicha Kvaratskhelia.
Il calcio italiano ha bisogno di una riforma profonda. Una rifondazione che metta al centro i giovani, il talento, la formazione. Una visione. Il presidente Gravina ha il dovere di guidare questo cambiamento. In caso contrario, sarà inevitabile che anche lui - come Spalletti - debba mettersi in discussione.





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