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Contratti calciatori, cambia tutto: la previsione di De Laurentiis e l'esempio Osimhen

In linea teorica un contratto da otto anni consentirebbe alla società di spalmare il costo di un giocatore su più stagioni, riducendone il peso a bilancio.


Luca CirilloLuca CirilloGiornalista

23/06/2025 18:00 - Campionato
Contratti calciatori, cambia tutto: la previsione di De Laurentiis e l'esempio Osimhen

Il decreto sport potrebbe a breve rivoluzionare il mondo del calcio sul versante contratti in particolar modo. Nelle pieghe del provvedimento adottato alla fine della scorsa settimana dal governo, su impulso del ministro Abodi, un articolo cambia la durata massima dei contratti degli sportivi professionisti: da cinque a otto anni. Una novità, potenzialmente, epocale, ma fino a un certo punto, scrive Tuttomercatoweb.


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Aurelio De Laurentiis lo aveva preconizzato da tempo. Capitolo ammortamenti. La prima lettura è stata legata non solo alla maggior forza contrattuale dei club, quanto a particolari regole di bilancio. In linea teorica, infatti, un contratto da otto anni consentirebbe alla società di spalmare il costo di un giocatore su più stagioni, riducendone il peso a bilancio. Esempio concreto: se la Juventus domani acquistasse Osimhen per 60 milioni di euro, e gli facesse firmare un contratto da cinque anni, il suo valore a bilancio sarebbe circa 12 milioni ogni anno. Con un accordo da otto anni, ecco che il “peso” sul bilancio scenderebbe a 7,5 milioni, rendendo il tutto più sostenibile. Tutto bene? Non per forza: allo stesso tempo, infatti, il valore residuo del giocatore calerebbe molto più lentamente. Rendendo, di conseguenza, più complicate le plusvalenze. Restiamo nell’esempio concreto: se la Juve volesse rivendere Osimhen dopo tre anni, con un accordo da cinque potrebbe venderlo a partire da 24 milioni e registrare comunque una plusvalenza. Con un accordo da otto, invece, dopo tre anni ne servirebbero 37,5 per evitare minusvalenze.


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I vincoli internazionali. Il tutto, in linea puramente teorica. Dal punto di vista pratico, infatti, la novità normativa non avrà alcun impatto sui conti dei club, a livello di ammortamenti, viste le normative UEFA in materia. Lo stesso tema si è infatti posto in passato per i club di Premier League, che proprio per rendere più sostenibili i propri bilanci avevano allungato a otto anni la durata massima dei contratti. Nyon è a quel punto intervenuta, stabilendo che, ai fini delle licenze UEFA (e quindi per esempio del rispetto del fair play internazionale), il tempo di ammortamento massimo sia comunque di cinque anni. Nel 2023 la Premier è tornata sui propri passi, e di fatto l’Italia è già allineata, dato che il sistema di licenze nazionali della FIGC è mutuato da quello europeo. In estrema sintesi: con la nuova normativa, per i club sarà sì possibile stipulare contratti di otto anni, ma l’ammortamento andrà comunque calcolato al massimo su cinque anni.

A chi conviene? C’è poi un tema secondario: quanto questi contratti potranno effettivamente durare. In base all’art. 17 del Regolamento FIFA sullo status dei giocatori, infatti, i calciatori possono liberamente recedere dai contratti in essere dopo 2 (se hanno più di 28 anni) o 3 stagioni (se hanno meno di 28 anni), dietro il pagamento di un indennizzo. Di fatto, la novità conviene sì ai club, e in qualche caso anche ai calciatori - ci sarà poi da capire chi vorrà firmare contratti così lunghi -, ma più che altro per legare a sé giovani talenti, mentre gli effetti a bilancio saranno (verosimilmente) minimi. 


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Luca CirilloLuca Cirillo
Giornalista dal 2010, ha lavorato per Il Roma. Da vicedirettore ed inviato di giornali online, ha seguito il Napoli in giro per l'Europa. È autore e conduttore di programmi su Radio Amore e collabora con alcune riviste.

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