Ziliani: "I venti giorni che sconvolsero la Juventus, c'è la lista degli infedeli"
Paolo Ziliani, giornalista, ha fatto un focus tramite i suoi canali social sulla difficile situazione che sta vivendo la Juventus.

Il focus del giornalista Paolo Ziliani che, tramite i suoi canali social vuole raccontare la verità su quello che accade nel mondo del calcio - specialmente quello italiano - questa volta è sulla Juventus. La squadra bianconera sta vivendo un grande momento di difficoltà.
Ecco le sue parole: "Subito lo spoiler. Sapete chi sono i giocatori ai quali Motta si è aggrappato nei venti giorni più difficili della sua carriera di allenatore ritenendoli, in base al suo personale polso della squadra, i più fedeli e i più affidabili? Sono Weah, Kelly, Thuram, McKennie, Nico Gonzalez e Kolo Muani, più un aggiunto, Locatelli. E sapete chi sono invece quelli dai quali Motta ha preso le distanze mostrando nei fatti di non ritenerli a lui fedeli e affidabili come vorrebbe? Sono in rigoroso ordine alfabetico Cambiaso, Gatti, Perin, Vlahovic e Yildiz, più un aggiunto, Douglas Luiz".
"Nel mezzo dei due schieramenti, in una sorta di indefinito limbo, c’è Koopmeiners".
Ha, inoltre, evidenziato: "Se fosse un film potrebbe intitolarsi 'I venti giorni che sconvolsero la Juventus'. Ad essere più precisi diciannove: quelli che intercorrono tra la sera di mercoledì 26 febbraio, giorno di Juventus-Empoli 3-5 di Coppa Italia, e il pomeriggio di domenica 16 marzo, giorno di Fiorentina-Juventus 3-0. Tre settimane scarse in cui la Vecchia Signora è letteralmente implosa su se stessa precipitando i suoi tifosi nel più cupo sgomento e gli sportivi e gli osservatori neutrali nell’incredulità più totale. Diciannove giorni uniti tra loro dal fil rouge di 4 partite, Juventus-Empoli 2-3, Juventus-Verona 2-0, Juventus-Atalanta 0-4 e Fiorentina-Juventus 3-0: un fil rouge cruciale e rivelatore perché funge oggi da filo d’Arianna per reintrodurci nel labirinto bianconero dal quale provare a uscirne, come fece Teseo, vittoriosi. Nel nostro caso - non avendo Minotauri da uccidere - la vittoria consiste nel giungere a capire, prima mettendoli a fuoco e poi fissandoli, i pensieri che hanno spinto Thiago Motta a mettere in atto i comportamenti, le scelte e le esclusioni - purtroppo per la Juve perdenti - che hanno portato Madama al rovinoso tracollo cui stiamo assistendo".
"Chiederselo è importante; avere le risposte ancora di più. E allora: perché Motta ha fatto le scelte che ha fatto? Chi sono i giocatori cui ha tentato di aggrapparsi in questo salto dal trapezio senza rete durato 19 giorni? E chi sono quelli di cui non ha avuto fiducia marcando con le sue scelte una chiara e netta distanza tra sè e loro e di fatto marginalizzandoli? Se teniamo il filo d’Arianna saldamente in mano e ci re-introduciamo nel cuore del labirinto bianconero, là dove tutto cominciò la sera di Juventus-Empoli, per poi ripercorrere a ritroso il cammino passo dopo passo, tutte le risposte arrivano. Con tanto di nomi di chi Motta ha considerato suoi soldati e di chi invece ha considerato, se non proprio disertori, inadatti alla causa. Rendendo tutto esplicito se non ai media certamente a livello di spogliatoio: dove Motta di fatto ha fatto figli e figliastri distaccandosi da un nucleo di giocatori che per il suo particolare sentire non riteneva e non ritiene in grado di dargli le garanzie che altri invece gli davano".
"Di chi si fida Motta? Non di quelli che colpiscono l’immaginario collettivo di tifosi e media: ma dei travet come McKennie, Weah, Kelly, Nico Gonzalez. Mentre sui “nomi”, da Vlahovic a Gatti, da Yildiz a Cambiaso, Motta ha subito sentito di non poter contare, di non potersi fidare: li ha sentiti distanti, non in sintonia con le sue idee. Lui ama la classe operaia. Ed è infatti a quelli della catena di montaggio che si è affidato nei 20 giorni che sconvolsero la Juventus: uscendone però con le ossa rotte".
"Vi starete chiedendo: in base a quali complicati e sofisticati ragionamenti Ziliani è arrivato a individuare i due schieramenti, da una parte i 'mottiani' e dall’altra gli 'anti-mottiani'? O se preferite da una parte i giocatori che Motta sente come 'suoi' e dall’altra quelli che sente lontani? Nessun volo pindarico: solo deduzione. Fatta però in base allo studio e al confronto tra le quattro formazioni mandate in campo dall’allenatore nelle 4 tappe di questa dolorosa Via Crucis juventina. Un confronto che analizzando promozioni e bocciature dice molte cose.
Queste le 4 formazioni: leggetele anche voi, poi ci riflettiamo insieme.
JUVENTUS-EMPOLI 3-5
Perin;
Weah, Gatti, Kelly (poi Locatelli), Cambiaso (poi A. Costa);
Thuram, McKennie, Koopmeiners (poi Yildiz);
Nico Gonzalez (poi Conceiçao), Kolo Muani, Vlahovic.
JUVENTUS-VERONA 2-0
Di Gregorio;
Weah (poi A. Costa), Gatti, Kelly (poi Kalulu), Cambiaso;
Thuram, McKennie (poi Koopmeiners), Locatelli;
Nico Gonzalez, Kolo Muani (poi Vlahovic), Yildiz (poi Mbangula).
JUVENTUS-ATALANTA 0-4
Di Gregorio;
Weah, Gatti (poi Kalulu), Kelly (poi A. Costa), Cambiaso;
Thuram, McKennie, Locatelli;
Nico Gonzalez (poi Mbangula), Kolo Muani (poi Vlahovic), Yildiz (poi Koopmeiners).
FIORENTINA-JUVENTUS 3-0
Di Gregorio;
Weah (poi Conceiçao), Kalulu, Veiga (poi A. Costa), Kelly (poi Gatti);
Thuram, McKennie, Locatelli;
Koopmeiners, Kolo Muani, Nico Gonzalez (poi Cambiaso, poi Mbangula)".
"Sono 6 e sono quelli che svelano la prima incontestabile verità sulle mosse compiute, nei 20 giorni che hanno sconvolto la Juventus, da Motta. Che dopo il grave e inusuale j’accuse pronunciato in tv dopo l’inabissamento con l’Empoli in Coppa Italia, un aperto atto d’accusa nei confronti di giocatori che avevano provocato la sua “vergogna” oltre a quella di milioni di tifosi, ha visto in 6 di loro quelli a cui si sarebbe affidato per tentare di riportare in linea di galleggiamento la corazzata affondata. I 6 nomi segnati in neretto sono i nomi dei 6 giocatori dei quali l’allenatore non ha mai voluto fare a meno in tutte e quattro le partite del suo Calvario: e a sorpresa (ma conoscendo Motta forse nemmeno tanto) i 6 fedelissimi che ha voluto accanto a sè sono sei peones: Weah e Kelly in difesa, Thuram e McKennie a centrocampo, Nico Gonzalez e Kolo Muani in attacco, presenti dal primo minuto in tutte e 4 le partite.
"E sì, concordo sul fatto che inserire Kolo Muani fra i peones è forse eccessivo: ma lo è molto meno guardando chi Motta ha sacrificato e giubilato per far posto a lui, cioè il giocatore più pagato di tutta la Serie A, l’investimento monstre da 91,6 milioni, il bomber arrivato nel 2022 come l’uomo-copertina della Juventus del futuro, Dusan Vlahovic".
"Sei nomi cui ne va aggiunto un 7°: Locatelli. Che non era fra gli undici titolari schierati nel primo match della quadrilogia (o tetralogia, come preferite), ossia Juventus-Empoli 3-5; ma che dopo il naufragio Motta ha rimesso subito in squadra sentendone evidentemente il bisogno senza mai più rinunciarvi. Sono quindi loro per Motta i “magnifici 7”: Weah, Kelly, Thuram, McKennie, Locatelli, Nico Gonzalez, Kolo Muani. Diciamolo: non proprio i nomi dei giocatori che scatenano le fantasie e gli entusiasmi dei tifosi".
"A scatenare le fantasie del popolino, sarete d’accordo, sono semmai per motivi diversi Yildiz e Gatti, Vlahovic e Cambiaso; e se ai tifosi chiedete se nel loro cuore c’è più spazio per Di Gregorio o per Perin, nove su dieci vi risponderanno Perin. Ebbene: se andate a riascoltare le parole pronunciate da Motta nello spietato j’accuse del dopo Juve-Empoli, una delle frasi che più mi avevano colpito era stata: 'Dobbiamo capire che dobbiamo meritare ogni giorno di stare qui. Non possiamo pretendere senza dare'. Pretendere senza dare.
"Chi c’era alla Juventus che aveva preteso qualcosa e non aveva dato, e che l’allenatore adesso rimetteva in riga? Di sicuro Vlahovic, che dal ritiro della nazionale aveva detto un giorno di preferire un attacco a due punte, come nella Serbia, e non a una, come nella Juve; e che con l’Empoli era stato accontentato, schierato dal 1° minuto in coppia con Kolo Muani, e però non aveva cavato un ragno dal buco e non contento aveva pure sbagliato il suo tiro nei rigori finali; di sicuro Yildiz, che dopo l’incontro a sorpresa di qualche giorno prima con Jorge Mendes, venuto a prospettargli proposte di ingaggi lunari di altri club europei, era sembrato a Motta quantomeno distratto, tant’è che il tecnico senza pensarci due volte l’aveva tolto di squadra: di sicuro Cambiaso, che ammaliato dalle sirene di mercato che parlavano di un Manchester City disposto a spendere 70 milioni per regalarlo a Guardiola (i giornali italiani lo hanno scritto davvero per tutto il mese di gennaio) e affranto per non aver visto arrivare nemmeno un’offerta da 30 milioni si era immalinconito, fuori dal campo ma anche in campo, e aveva cominciato a fare danni tant’è che Motta gli aveva fatto fare la stessa fine di Yildiz".
"In un grande club ci sono da sempre patrizi e plebei: si tratta di farli convivere, ma Motta ha una soglia di tolleranza minima per i primi e una predilezione spiccata per i secondi. Che non si montano la testa come Vlahovic, come Yildiz, come Cambiaso: o come lo stesso Gatti che ricevuta a inizio stagione la fascia da capitano non aveva risposto, secondo l’allenatore, con gli atteggiamenti e i comportamenti dovuti. E insomma: andate a riguardare le 4 formazioni della tetralogia juventina: vedrete 6 operai sempre in campo dal primo minuto di ogni partita e Vlahovic fatto sparire dopo il naufragio con l’Empoli, Yildiz, Cambiaso e Gatti fatti sparire dopo il naufragio con l’Atalanta. Ritenuti da Motta i più colpevoli. Salvi i plebei, a morte i patrizi. E dimenticavo: dopo l’Empoli, fuori anche Perin. Per Motta, meglio il più inquadrato, silenzioso e non 'allegriano' Di Gregorio".
"Tra i 'fedeli' e gli 'infedeli', chi sparisce e ricompare dai radar è Koopmeiners. Che visto nell’Atalanta a Motta piaceva tanto perché vedeva in lui una “stella plebea”, un campione sbocciato in provincia dopo una dura vita da mediano. Peccato che giunto a Torino, sotto le luci della ribalta l’olandese si sia sciolto come neve al sole: per la disperazione di Motta che davvero aveva pensato di fare di lui il centro di gravità permanente della sua Juventus. Il centro di gravità, molto più modestamente, è invece diventato, pur con tutti i suoi limiti, Locatelli: e di permanente alla Juve c’è solo l’attesa di vedere giocare a Koop una partita non si dice buona, ma almeno decente. Pur essendo il giocatore che Motta ha amato (e aspettato) di più, il tempo dell’attesa è finito. Ormai anche per lui siamo al dentro o fuori. E il guaio, per lui, è che quando è dentro è come se fosse fuori. Non pervenuto".
"Detto di Conceiçao, che Motta considera marginale e al quale preferisce per modo di porsi e maggiore disciplina Mbangula, più apprezzato anche per la sua estrazione più umile, di David Luiz che a Motta piace come la Principessa sul Pisello e di Kalulu, uno che ha invece tutte le carte in regola per unirsi al drappello dei “fedelissimi mottiani”, resta da chiedersi se abbia giovato alla Juventus questa guerra santa scatenata da Motta nel suo stesso spogliatoio e combattuta in silenzio tra obbedienti e disobbedienti, ligi al dovere e insofferenti, umili e altezzosi. L’errore di Motta, che al Genoa, allo Spezia e al Bologna aveva lavorato solo su peones portandone alcuni, per sua e loro bravura, a diventare piccole star (Calafiori, Zirkzee, Ferguson, lo stesso Saelemaekers), è stato quello di arrivare alla Juventus e di volere azzerare tutto, anche i gradi della classe, per ripartire all’insegna dell’uno vale uno, non ci sono campioni, ci sono solo peones. È stato uno sbaglio madornale. Weah e Yildiz, McKennie e Vlahovic, Kelly e Gatti avrebbero dovuto essere amalgamati esaltando le loro differenze, non uniformati annullandole. Anche perché ad abbassare l’asticella della classe complessiva ci aveva già pensato Giuntoli acquistando per campioni giocatori poco più che normali".
"Ecco: Koop, Douglas e Nico, i tre colpi da novanta di Cristiano Giuntoli, sono oggi l’emblema della nuova Juventus. Il top club dove i campioni sono sgraditi sia all’allenatore, che li emargina, sia al direttore generale, che non sa riconoscerli e compra delle imitazioni. La classe operaia va in paradiso, diceva il titolo del famoso film di Elio Petri. Alla Juve però è finita all’inferno".
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