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Spalletti ha cambiato modo di comunicare. La sconfitta con l'Empoli l'ha segnato

La sconfitta della scorsa stagione contro l'Empoli ha profondamente cambiato la comunicazione di Spalletti con stampa e tifosi.


RedazioneRedazioneTestata giornalistica

03/09/2022 09:47 - Rassegna stampa
Spalletti ha cambiato modo di comunicare. La sconfitta con l'Empoli l'ha segnato

L'edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno parla di Luciano Spalletti e del suo modo di comunicare.  La contestazione dopo la sconfitta di Empoli, col Napoli terzo in classifica, ha trasformato la sua comunicazione. In quel momento si è reso conto che il termometro dei sentimenti a Napoli è molto variabile e quindi preferisce rimanere sul confine tra realismo ed entusiasmo. La sua personalità è schietta e durante la conferenza stampa di ieri Spalletti ha rivelato l’atteggiamento dell’ambiente che non gradisce: "Mi garba poco lo schema vincere o morire, l’idea che se non vinci hai fallito e io non so se vinco. Quelli andati via li avete visti o vi serve lo schema? Bisogna riorganizzare la squadra, si cambiano i pronostici in base a ciò che è successo il giorno prima. È un percorso di crescita, lo si può fare più velocemente o lentamente ma c’è da farlo e serve un po’ di tempo per diventare un gruppo come l’anno scorso, io l’avevo messo in conto nel nuovo ciclo di giocatori".


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Un messaggio chiaro anche per i tifosi: "Sono felicissimo di essere l’allenatore del Napoli, le mie ambizioni sono di un livello alto ma non garantisco niente". Il suo discorso è un gioco d’equilibri, Spalletti si dichiara soddisfatto del mercato ma sottolinea spesso il quadro dei «sinonimi e contrari», cioè delle partenze e degli arrivi. Prima dell’esordio di Verona, menzionò il gap in termini di personalità ed esperienza tra coloro che sono andati via e quelli che sono arrivati.


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Una differenza nei curriculum oggettiva, evidente che sul mercato non è stata colmata visto che non è arrivato neanche Keylor Navas, individuato non solo per l’abilità tra i pali ma soprattutto perché poteva essere un leader di uno spogliatoio giovane, con poca abitudine all’alta classifica e alle coppe europee.


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