La bruttissima verità sull'Italia che nessuno vuole ammettere, calciatori compresi
Assurdo temere nazionali come l'Irlanda del Nord, il Galles e la Bosnia: l'Italia ha perso la memoria, ha dimenticato la sua storia. O l'ha svenduta.

Se pensi all'Italia ed hai almeno 40-45 anni, la prima cosa che ti viene in mente è la sfilza di campioni che hanno indossato la leggendaria maglia azzurra. Senza andare troppo indietro, pensi a Paolo Rossi, Dino Zoff, Gigi Buffon, Marco Tardelli, Paolo Maldini, Franco Baresi, Gaetano Scirea, Fabio Cannavaro.
Ma anche ovviamente ai fantasisti come Roberto Baggio, Giancarlo Antognoni, Andrea Pirlo, Francesco Totti, Alessandro Del Piero, Roberto Mancini, Gianfranco Zola e i vari Christian Vieri, Beppe Signori e potremmo continuare con altri grandi portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti: impossibile elencarli tutti, servirebbero centinaia di articoli. Se poi elenchiamo i migliori calciatori di oggi - nessuno se ne abbia a male - il quadro che ne viene fuori è deprimente prima facie.
L'Italia non è in grado, ormai da anni, di far sbocciare un solo calciatore di grande talento capace di illuminare il gioco. L'unico vero campione che abbiamo è probabilmente Gigio Donnarumma, erede della scuola Buffon (anche se abbastanza lontano dai livelli di Gigi). In attacco, inoltre, uno dei più affidabili e Retegui, di nazionalità argentina che gioca in Arabia Saudita. E' vero, i vari Calafiori, Bastoni, Buongiorno, Barella e qualche altro giocatore hanno espresso ed esprimono un ottimo livello con i rispettivi club, ma la verità che nessuno vuole ammettere, è che la nazionale non è più un punto d'arrivo per i calciatori, non è più il sogno massimo di un'intera carriera. A volte si ha la sensazione che la convocazione serva (ovviamente non giusto generalizzare) per mantenere un importante status con risvolti contrattuali. C'è chi dice "no" alla convocazione, chi litiga con i CT, chi svolge il compitino una volta in campo. Un tempo era bello vedere Vialli, Donadoni, De Napoli, Ferrara e gli altri, cantare con orgoglio l'inno di Mameli prima del fischio d'inizio, oggi invece sembra una passerella a tratti fastidiosa.
I problemi sono tanti, ovvero i soliti discorsi sui settori giovanili, sulle riforme che mancano, sul modo di crescere i talenti e via discorrendo, ma è proprio la considerazione della nazionale che sembra cambiata. Ed è gravissimo! Antonio Conte, attuale allenatore del Napoli, puntò proprio sull'orgoglio dei calciatori e fece benissimo nonostante una rosa non di primissimo livello. E lo stesso fece Roberto Mancini, l'ultimo a realizzare l'impresa di vincere gli europei, che però in campo aveva gente di carattere come Chiellini, Verratti, Bonucci e Chiesa. Poi c'era anche il sottovalutato Lorenzo Insigne, giocatore di fantasia che oggi manca come il pane. E c'era Gianluca Vialli... Altro che temere l'Irlanda del Nord, il Galles o la Bosnia, con tutto il rispetto dovuto. Quattro mondiali, quattro. L'Italia decida di destarsi. Prima possibile.
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