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Carnevale: "La mia storia è drammatica, sapete cosa mi disse un maresciallo? Martina, che dolore"

"Mi sento di essere vicino agli orfani e alle mamme poiché conosco il dolore che vivono poiché l'ho vissuto anche io a quattordici anni", ha sottolineato l'ex bomber.


Luca CirilloLuca CirilloGiornalista

28/05/2025 16:31 - Interviste
Carnevale: La mia storia è drammatica, sapete cosa mi disse un maresciallo? Martina, che dolore

Ai microfoni di Radio Crc è intervenuto il responsabile scouting Udinese Andrea Carnevale, ex attaccante del Napoli di Diego Armando Maradona. Queste le sue parole: "Il mio libro non è improntato su un fatto calcistico, ma è una storia nella storia. Il racconto narra di un bambino di 14 anni che è rimasto orfano e che ripercorre la mia storia".


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"Questo libro vuole essere un messaggio alle future generazioni che si stanno perdendo e un messaggio alle mamme di denunciare. In questo libro è presente anche un capitolo dedicato a Diego Armando Maradona. A lui devo baciare gli scarpini perché mi ha reso famoso e vittorioso e lo ringrazio di tutto. Mio padre commise un femminicidio ai danni di mia mamma e ci ha reso a me e ai miei fratelli orfani. Non sono fiero di essere figlio di un padre che ha ammazzato la propria madre".


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"Devo ringraziare mia sorella che era l’unica maggiorenne allora poiché c’erano già gli assistenti sociali che ci volevano dividere. La mia famiglia ha fatto squadra che è stata la cosa vincente. Mia sorella Giuseppina è venuta a mancare sedici anni fa e ci ha fatto un po’ da mamma a tutti noi minori. Non finirò mai di ringraziarla. La mia storia è una storia drammatica che non si deve mai spegnere. Ringrazio tutti coloro che stanno dando voce alla mia storia poiché è un anno che la sto esternando e voglio portarla avanti soprattutto dopo gli episodi a cui abbiamo assistito". 

"Mi sento di essere vicino agli orfani e alle mamme poiché conosco il dolore che vivono poiché l’ho vissuto anche io a quattordici anni. L’unica speranza della mia vita era quel pallone che mi ha salvato la vita. Io ero determinato, volevo diventare un calciatore di Serie A e mia sorella mi dava qualche scappellotto poiché a quei tempi servivano i soldi. Io ce l’ho fatta lavorando e giocando a pallone e questo è il messaggio che voglio mandare alle nuove generazione che se io ce l’ho fatta nonostante tutte le grandi difficoltà che ho vissuto, legandomi al pallone con una famiglia orfana, numerosa e povera, tutti lo possono fare e ai tutti giovani e alle mamma dico di denunciare.

"Vorrei abbracciare la famiglia di Martina, la ragazza di Afragola, poiché gli sono vicino poiché è stata uccisa brutalmente. La stessa cosa che è successa a Martina, è successo a me cinquant’anni fa con un padre che era geloso di mia mamma che aveva partorito sette figli. La malattia degli uomini è che sono poco dignitosi. In una partita si può vincere o perdere, a tutti è toccata una separazione ma non si può fare che ad ogni separazione corrisponde un femminicidio. Bisogna dire basta anche alle istituzioni poiché non bastano solo i braccialetti. Cinquant’anni fa quando è stato denunciato l’omicidio di mia madre, il maresciallo mi disse: “Fin quando non vediamo il sangue, non possiamo fare nulla”, non vorrei più che un maresciallo, e non lo dico perché ho qualcosa contro l’Arma dei Carabinieri di cui ho massimo rispetto, e un uomo dello stato dica una cosa del genere ad un bambino. Il sangue gliel’ho portato e voglio dare voce a questi eventi in modo che non accadano più, nonostante accadano ancora", ha concluso l'ex bomber azzurro.


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Luca CirilloLuca Cirillo
Giornalista dal 2010, ha lavorato per Il Roma. Da vicedirettore ed inviato di giornali online, ha seguito il Napoli in giro per l'Europa. È autore e conduttore di programmi su Radio Amore e collabora con alcune riviste.

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