Tare e un Allegri 2.0 hanno trasformato il Milan nella mina vagante del campionato
Alla scoperta del Milan di Massimiliano Allegri, la squadra rossonera è stata rivoluzionata da Igli Tare nella scorsa estate.

C’era una volta un allenatore innamorato del “corto muso”, delle partite sporche, del calcio antico e della mentalità italica del “primo, non prenderle”. Il prototipo della scuola del calcio “all’italiana”, additato come superato e impopolare al punto di non avere mai la soddisfazione di sedere su una panchina importante a livello internazionale fuori dall’Italia. E sì, perché tanto il suo primo Milan capace di aggiudicarsi scudetto e Supercoppa italiana, quanto la sua super vincente Juventus dei 5 titoli consecutivi, delle 5 Coppa Italia di cui 4 consecutive (record) e delle 2 Supercoppa italiana, sono stati sempre celebrati in maniera misurata per il poco spettacolo del gioco legato soprattutto a prodezze individuali di giocatori importanti, sulla base sempre di una intelaiatura difensiva di livello straordinario. Non è un caso che a livello internazionale questo allenatore giudicato “vecchio” e “superato” abbia avuto come miglior risultato 2 finali di Champions League alla guida della Juventus entrambe perse, una contro il Barcellona e l’altra contro il Real Madrid. Max Allegri, 22 anni di carriera da allenatore, gli ultimi due anni trascorsi, alla stregua del suo prossimo rivale Antonio Conte, a studiare e ad aggiornarsi, al punto tale che oggi quella che vediamo giocare tutto sembra fuorchè una squadra di Allegri. Il suo Milan è una sintesi di sostanza difensiva e qualità, di velocità e tecnica, ma anche di fluidità e relazioni nuove tra interpreti vecchi e nuovi di una rosa magistralmente plasmata da quel grande conoscitore di calcio internazionale che risponde al nome di Igli Tare. Ma il Milan di questo nuovo corso è la dimostrazione lampante di come spesso mettere gli uomini giusti al ponte dei comandi sia un esercizio tanto banale quanto difficile da compiere, ma di certo vincente. Ed è la ultima dimostrazione di come talvolta dando via i pezzi pregiati si possa reinvestire in maniera più pertinente e funzionale alla rosa il denaro ricavato.
Via Reijnders, Theo Hernandez, Thiaw, Emerson Royal, Kalulu, Musah, Pobega, Abraham, Joao Felix, Walker, Sottil, Sportiello, Jovic, Okafor, Colombo, Bennacer, Adli e Florenzi, e in prestito Camarda e Zeroli, sono arrivati a Milanello Modric, Ricci, Terracciano, Estupinian, Jashari, De Winter, Nkunku, Athekame e Odogu. Il tutto spendendo 174,5 milioni di euro e incassando 301 milioni di euro, con un saldo positivo di +126,5 milioni di euro e, oltretutto, con una diminuzione seppur minima del monte ingaggi passato dai 105,1 milioni di euro lordi della scorsa stagione ai 104,5 di quest’anno (-0,6%).
Un autentico capolavoro, non c’è che dire. Un capolavoro che però il Max Allegri2.0 sta continuando con la sua opera sul campo, che ricorda molto proprio quella di Antonio Conte lo scorso anno a Napoli. Le analogie sono quasi impressionanti: un allenatore che rientra in gioco con grande voglia di riscatto e di dimostrare il suo svecchiamento dopo essere stato fermo ai box; una squadra reduce da una annata disgraziata; il solo impegno del campionato su cui concentrarsi perché fuori dalle competizioni internazionali; un esordio in campionato negativo, col mercato ancora da rifinire (in azzurro arrivarono in extremis Lukaku e McTominay, in rossonero Rabiot e Nkunku). Insomma, una autentica mina vagante che forse ci si poteva aspettare. Quello che però era insospettabile era di certo il gioco spumeggiante e a tratti garibaldino dei rossoneri. Il segnale più incoraggiante, per Allegri è che il suo Milan, finora, si è acceso grazie a un protagonista sempre diverso: Loftus-Cheek a Lecce, Modric contro il Bologna, Pulisic a Udine. Il tutto senza considerare che stiamo parlando di una squadra ancora priva di Leao, che al momento Nkunku non può garantire forse più di mezz’ora, che Ricci deve ancora entrare a pieno nel sistema, che Jashari si è infortunato al perone. E che Kony De Winter, uno dei difensori giovani più brillanti dell’ultimo campionato di Serie A, non si è ancora imposto come titolare.
Caratteri distintivi del nuovo Milan
Allegri, con l’aiuto di elementi del calibro di Rabiot e Modric, sta costruendo mentalità e lo sta facendo con la ricostruzione del gruppo, con la riconquista di fiducia e autostima e con la capacità di assorbimento delle recenti delusioni. Dal punto di vista tattico il tecnico toscano sta facendo affidamento su un sistema 3-5-2, in cui i terzini agiscono quasi da esterni di centrocampo, con molte responsabilità di copertura e di difesa centrale, puntando molto, in fase di possesso, su giocatori con qualità tecnica e abilità negli ultimi 20-30 metri: Leao (quando disponibile), Pulisic, Giménez, Loftus-Cheek, Ricci, Modric. Un sistema in cui attaccanti e mezze punte cercano spazi tra centrocampo e difesa avversaria, tra le linee. Inoltre nuovo per Allegri l’utilizzo degli esterni sia per ampiezza che per drift verso il centro.

Nella fase di non possesso, molta attenzione viene data alla compattezza e al non concedere spazi tra le linee. Allegri esige che i gol subiti non debbano essere troppi, vuole una difesa solida e per questo motivo, in partite dove l’avversario ha grande possesso palla, il Milan è pronto ad abbassare il baricentro e a difendersi con ordine, sfruttando le ripartenze. Il reparto arretrato può passare da difesa a quattro a difesa a tre, secondo la situazione e le risorse fisiche e gli infortuni.

STILE DI GIOCO
Ciò che maggiormente ci ha sorpresi in questo avvio di stagione è lo stile di gioco del Milan di Allegri, il quale sta mostrando una costruzione dal basso, ma senza forzare troppo e senza voler rischiare con passaggi troppo audaci davanti alla difesa, preferendo piuttosto progressioni più controllate. Inoltre le transizioni sono molto rapide: appena si riconquista palla, si verticalizza velocemente, cercando Leao, Pulisic, o inserimenti centrali. Altro inedito per Allegri, il pressing selettivo: non un pressing alto continuo, ma momenti precisi, nei quali i giocatori offensivi salgono, mentre la difesa resta pronta. Infine, il marchio di fabbrica: la adattabilità tattica che permette di cambiare schieramento se serve, a partita in corso, per contrastare avversari con caratteristiche diverse.

RUOLI CHIAVE E OPERATIVITA’
Come da sua miglior tradizione Allegri non prescinde da alcuni uomini che reputa inamovibili. Luca Modric porta esperienza, leggerezza di tocco, gestione del ritmo ed è destinato ad essere un riferimento nel centrocampo. Samuele Ricci e altri giovani potrebbero avere ruoli centrali: quantità, freschezza fisica, aiuto nei movimenti difensivi. Raphael Leao è da considerarsi un altro pilastro, anche se c’è da verificare la sua condizione fisica. Quando rientrerà sarà uno degli elementi offensivi più pericolosi.
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