Imperatore: "La favola dell'Inter-bitata, la verità sui debiti. Il Napoli ha un vantaggio di 2-3 anni"
"L'Inter è salva, ma sa che il viaggio per tornare davvero serena è ancora lungo e pieno di sfide", ha spiegato il noto esperto di management e finanza.

"La favola dell’Inter-bitata", questo il titolo di un approfondimento molto interessante di Vincenzo Imperatore, giornalista e scrittore, che ha analizzato il momento del club nerazzurro sul versante economico-finanziario. Lo stesso Imperatore, a settembre del 2024 fu abile profeta nel preconizzare le difficoltà gestionali della Juventus (su areanapoli.it l'articolo "La Juventus non sarà più la Juve per i prossimi 5 anni").
Queste le sue parole: "C’era una volta una squadra di calcio chiamata Inter. Era una squadra gloriosa, amata da milioni di tifosi che ogni domenica riempivano lo stadio e sognavano vittorie e trofei. Ma come in ogni favola, anche nella storia dell’Inter arrivò un momento difficile, perché per restare grande servivano tanti soldi. Un giorno, nel 2015, arrivò un signore chiamato Erick Thohir. Voleva aiutare l’Inter a sistemare i conti del precedente proprietario (Moratti) che aveva tanti soldi personalmente e che aveva garantito i debiti dell’Inter con una garanzia personale. In pratica, aveva promesso alle banche e ai creditori che se l’Inter non avesse pagato i suoi debiti, ci avrebbe pensato lui con i suoi soldi o con i suoi beni. Era come se avesse firmato un foglio in cui diceva: “Se l’Inter non ce la fa, pago io".
"Quando Moratti decise di vendere l’Inter, una delle condizioni che pose fu quella di cedere la società dietro “liberazione” di quella garanzia: non voleva restare legato ai vecchi debiti della squadra. Così Thoir prese un grande prestito da 230 milioni di euro con Goldman Sachs e UniCredit per ripagare i debiti garantiti da Moratti, così le garanzie vennero "svincolate", cioè tolte, annullate. Da quel momento Moratti non aveva più nessun obbligo verso i creditori dell’Inter e poteva finalmente considerarsi libero da ogni legame economico con quei debiti".
"Era un po’ come quando un figlio chiede un mutuo molto grande per comprare la casa in cui vive con la famiglia, così da poter restituire alla banca il vecchio prestito in cui il padre aveva fatto da garante. Con questo nuovo mutuo, il padre non rischia più nulla e il figlio si prende tutta la responsabilità. Con quei soldi l’Inter poteva andare avanti, pagare le spese necessarie e provare a restare una grande squadra. Ma proprio come accade a volte con una casa acquistata a caro prezzo, quella “casa” non produceva il reddito sperato. Come se il figlio avesse comprato una casa pensando di affittarla per guadagnare e invece nessuno si fosse fatto avanti per prenderla in affitto. I risultati sportivi e i ricavi non bastavano a coprire le spese e i debiti continuavano a pesare".
"Nel 2017 arrivarono i cinesi della Suning, convinti di poter finalmente far fruttare quella casa e trasformarla in una proprietà che avrebbe dato guadagni. Rilevarono la società e, per rimettere a posto i conti e far crescere l’Inter, chiesero un nuovo prestito ancora più grande. L’Inter emise un bond da 300 milioni di euro, con scadenza a cinque anni, cioè nel 2022. Era come un nuovo proprietario che prende un altro mutuo ancora più grande per sistemare la casa, ristrutturarla e renderla finalmente attraente per trovare un affittuario o un acquirente convinto che così avrebbe iniziato a guadagnarci davvero. Quando nel 2022 quel bond da 300 milioni stava per scadere, l’Inter dovette chiedere un altro prestito ancora più grande. Questa volta prese in prestito da un fondo (Oaktree) 415 milioni di euro con un tasso d’interesse del 6,75 per cento l’anno e con scadenza nel 2027. Oaktree era il parente ricco che salvava il nipote quando rischiava di fallire".
"Era come se il nuovo proprietario della casa (Oaktree) per riuscire a pagare il vecchio mutuo e finire i lavori chiedesse un prestito ancora più grosso e ancora più oneroso convinto che prima o poi la casa avrebbe iniziato a rendere davvero. Ma i debiti dell’Inter crescevano, diventavano sempre più alti, come una montagna difficile da scalare. Ogni anno la società doveva pagare tanti interessi come una famiglia che ogni mese deve versare alla banca una rata sempre più pesante per il mutuo, una rata che rischia di schiacciare i suoi sogni. Ma un giorno arrivò una nuova legge. Gli organi che controllano il mercato immobiliare (il campionato), dopo un periodo in cui avevano fatto finta di non vedere, come dei severi custodi, dissero: “Attenzione, da ora in poi le squadre con troppi debiti a breve termine non potranno più giocare nella nostra Serie A. Se non mettete a posto i conti, sarete escluse e non potrete più scendere in campo".
"L’Inter capì che doveva fare qualcosa in fretta. Se non avesse risolto il problema, nel 2026 il suo debito da 415 milioni sarebbe stato considerato a breve termine, perché mancava meno di un anno alla scadenza. E questo avrebbe significato dire addio alla Serie A. Così il proprietario dell’Inter decise di fare come quegli immobiliaristi (ricordate i “furbetti del quartierino”?) che si accorgono che il vecchio mutuo sta per scadere e non hanno i soldi per restituirlo tutto in un colpo solo. Andarono a cercare un nuovo prestito, meno grande, ma con un tempo più lungo per restituirlo e con rate più leggere. Nel giugno del 2025 l’Inter prese, infatti, un nuovo prestito da circa 300 milioni di euro. Con questo nuovo mutuo pagò il vecchio prestito da 415 milioni. Ma non bastava. Per coprire la differenza, circa 100 milioni, l’Inter usò i soldi che aveva messo da parte (non quelli del proprietario Oaktree, come faceva il buon Moratti) grazie agli incassi di quest’anno, come biglietti, sponsor e diritti TV. In altri termini questa volta Oaktree non mise un solo euro. Disse soltanto: “Fate voi. Usate i vostri soldi, io non metto altro.” Era come una famiglia che svuota il salvadanaio per aggiungere quello che manca".
"Così l’Inter riuscì a chiudere il vecchio debito e a partire con il nuovo. Il pericolo di essere esclusa dal campionato sparì e i tifosi poterono continuare a sognare. Ma la montagna del debito era ancora lì. Un po’ più lontana nel tempo, un po’ più facile da scalare, ma sempre grande. E Oaktree restava lì a guardare, aspettando il momento giusto per vendere la squadra a qualcuno disposto a pagare bene. E così finisce la favola, per ora. L’Inter è salva, ma sa che il viaggio per tornare davvero serena è ancora lungo e pieno di sfide. Morale della favola: il Napoli ha un vantaggio competitivo, in termini di solidità finanziaria, di almeno 2-3 anni".
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