Volete fare una bella figura? Non salite sul carro del vincitore ora
Aurelio De Laurentiis ha celebrato i suoi 20 anni di presidenza, una lunga cavalcata soddisfacente e intensa. Vincenzo Imperatore evidenzia l'atteggiamento di una parte di opinione pubblica e mondo dei media.

Ora tutti sul carro del vincitore: giornali prestigiosi e autorevoli esponenti della società civile non esitano a magnificare il cosiddetto "modello delaurentisiano". Non si lusinghi troppo, caro Presidente, e sono certo che non lo farà, nonostante abbia mostrato ieri, con le lacrime agli occhi, che anche lei è "tanto umano". Aspettano solo la prossima caduta. L'atteggiamento di celebrare chi vince e poi dimenticarlo, appena le cose cambiano, non è certo una novità. È quasi come un rituale sociale: si esaltano i trionfi fino a che non c'è una crisi da cui prendere le distanze. Nel mondo del calcio, e in particolare nel recente successo del Napoli sotto la guida di Aurelio De Laurentiis, questo fenomeno è particolarmente evidente. Il presidente azzurro, a lungo al centro delle critiche, è oggi celebrato come un genio gestionale. Nel giro di pochi giorni si è passati da “Ritorna a fare i film” a “Io ho sempre creduto in te”.
Tuttavia, queste stesse persone che ora lodano il suo "modello" attendono con impazienza il momento in cui le cose non andranno più bene. Le lacrime che De Laurentiis ha versato durante le celebrazioni sono state un momento di umanità che ha colpito molti. Ma dietro questa vulnerabilità si nasconde la consapevolezza che il successo è temporaneo. Chi oggi esalta il suo operato, domani potrebbe essere il primo a puntare il dito al minimo segnale di crisi.
Il fenomeno di salire sul carro del vincitore (bandwagon) non è nuovo, ma oggi sembra aver raggiunto livelli di opportunismo senza precedenti. Tutti pronti a celebrare chi trionfa, mentre si preparano a staccarsi al primo segno di cedimento. Il successo non è mai definitivo, è una posizione temporanea, una tappa nel ciclo di esaltazione e declino che caratterizza ogni ambito della vita pubblica. Questo ciclo diventa evidente anche nello sport, un mondo dove la gloria è breve, e la caduta è spesso attesa con impazienza.
Nel calcio, fenomeno di massa, questa dinamica è ancora più amplificata. Il recente esempio è quello del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis: per anni al centro delle critiche, oggi il suo “modello” viene celebrato con una retorica quasi unanime. Le sue lacrime sincere, versate durante le recenti celebrazioni, lo hanno umanizzato agli occhi di molti. Eppure, chi oggi lo esalta potrebbe essere lo stesso che domani sarà pronto a criticarlo. È una realtà amara, ma il pubblico, affamato di eroi, non perdona mai troppo a lungo. Si gode le vittorie, ma altrettanto le cadute.
Questo comportamento non è isolato. È un riflesso della cultura contemporanea, in cui il successo e il fallimento sono spettacoli da consumare rapidamente. Se da un lato De Laurentiis è salito sull'Olimpo grazie alle vittorie del Napoli, dall'altro sa benissimo che il vento può cambiare improvvisamente. I suoi attuali sostenitori, molti dei quali erano critici accaniti solo qualche settimana fa, potrebbero abbandonarlo alla prima crisi. La “fedeltà” mostrata oggi è spesso legata solo ai risultati sul campo, non a un autentico sostegno alle idee o alla persona.
Il problema non riguarda solo De Laurentiis o il calcio. Questa cultura del successo immediato e della condanna altrettanto rapida è diventata una costante in ogni settore della società. Viviamo in un mondo dove i social media amplificano questa tendenza. Oggi, tutti possono esprimere un'opinione e, con la velocità di un tweet, si può passare dall'elogio alla derisione.
La democratizzazione dell'opinione ha portato a una pericolosa superficialità, in cui il successo è celebrato senza riflessione, e il fallimento è condannato senza comprensione. Non c’è spazio per l'analisi critica o per il rispetto del percorso. Conta solo il risultato finale, che diventa il metro di giudizio universale.
La metafora del carro del vincitore descrive perfettamente questa dinamica. Salire sul carro è facile, richiede solo un minimo sforzo e offre grandi vantaggi in termini di visibilità e consenso. Ma quando il carro rallenta o si ferma, le stesse persone che vi erano salite con entusiasmo lo abbandonano, cercando un altro vincitore su cui puntare. Solo la morte (cient’anni di salute al presidente) fa interrompere questo processo di saliscendi dal carro, come una sorta di assoluzione del defunto, ed è la stazione finale dell’effetto bandwagon.
La domanda che rimane è: cosa succederà quando il Napoli attraverserà inevitabilmente un periodo più difficile? La risposta è semplice: molti di quelli che oggi esaltano De Laurentiis saranno i primi a criticarlo. Non è una questione di pessimismo, ma di osservazione della realtà. Chi oggi lo loda non lo fa necessariamente per convinzione, ma perché è conveniente. Quando la convenienza verrà meno, anche il supporto sparirà.
Se il dispiacere per i nostri fallimenti viene attutito dalla gioia per quelli degli altri, è evidente che l’intera società abbia una frattura interna, che – almeno a breve termine – sembra insanabile.
E Aurelio De Laurentiis questo lo sa!





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