Salerno contro Napoli, un antagonismo oltre il calcio che fa male a tutti
Angelo Forgione, scrittore e storico, analizza per AreaNapoli.it la forte e insensata rivalità che i salernitani nutrono nei confronti della città di Napoli.

Dispiace profondamente assistere ancora una volta ai dissapori tra Salerno e Napoli, esplicitati con più asprezza in ambito calcistico, dove il becerume tocca spesso picchi altissimi. Neanche un napoletano di signorilità e di tifo azzurro a capo della Salernitana è servito a ridurre gli attriti tra le due piazze calcistiche, evidentemente, se è vero che proprio in occasione di Napoli-Salernitana dello scorso gennaio qualcuno da parte granata manifestò fastidio per la confidenza che Iervolino diede a De Laurentiis in tribuna. Ancora una volta le scintille sono fiorite quando meno ce le si aspettava, in una domenica romana in cui i tifosi romanisti hanno gridato «Siete come Napoli» ai salernitani, che hanno risposto «Odio Napoli».
Classiche manifestazioni di curva, se non fosse che la polemica è divampata tra lo sdegno dei napoletani e i mal di pancia dei siti informativi salernitani. Tuttosalernitana (tuttosalernitana.com) non ha gradito affatto il commento sui social di Maurizio De Giovanni: “Ma siete così ossessionati? Le vostre anguste menti hanno così tanto bisogno di qualcuno da odiare? Che piccola e povera gente che siete”.
De Giovanni è stato perciò invitato a presentare i suoi libri altrove, dacché dovrebbe essere a Salerno il prossimo 21 aprile, per presentare a Palazzo Sant’Agostino il suo ultimo lavoro. Da più parti, nella città dell’Irno, si è chiesto agli organizzatori dell’incontro di annullarlo, e lo scrittore ha preso di petto la situazione avvisando di rinunciare perché non desiderato, dolendosi per le sue lettrici e lettori di zona.
Una vicenda triste, tristissima, perché non si consuma nel recinto calcistico ma amplia lo scontro Salerno-Napoli contrapponendo il mondo della cultura partenopea alla realtà sociale salernitana. E non si tratta più di verificare le confessioni a Radio Punto Nuovo di Gaetano Ferraiuolo, redattore di Tuttosalernitana.com, proprio all’indomani di Napoli-Salernitana dello scorso gennaio, circa il suo sentimento antinapoletano a prescindere, al pari di un tifoso di curva. È esattamente così, attraverso l’uso dei media letti da tanti appassionati, che si finisce per infiammare gli animi, e tutto finisce per coinvolgere altri ambiti.
Dal giorno della promozione in Serie A della Salernitana, i più accesi tifosi granata hanno messo da parte la loro acerrima rivalità con i cavesi e i nocerini e hanno iniziato a rivolgere le loro attenzioni ai napoletani. Da quel giorno, e sono trascorsi dieci mesi, i siti di area granata non riescono a digerire le considerazioni di Maurizio De Giovanni e anche di chi scrive sull’antico complesso di inferiorità di quei tifosi granata che in quel giorno intonarono cori contro i napoletani. Complesso di inferiorità che hanno sottolineato anche due autori salernitani quali lo scrittore Diego De Silva e l’antropologo Paolo Apolito, per i quali quel senso di minorità esiste eccome, ed è condensato nell’acido detto cittadino “Si Salierno tenesse ‘o puorto, Napule fosse morta”.
Sottolineare il complesso salernitano non vuol dire detestare Salerno ma significa consigliare alla gente della bella città campana di abbandonare la sterile comparazione con Napoli e di iniziare a valorizzare la nuova identità cittadina; significa concentrarsi su se stessi piuttosto che rapportarsi in modo provinciale con la vicina metropoli di ferrea, millenaria e impareggiabile identità.
L’antagonismo territoriale di Salerno nei confronti di Napoli non è solo questione calcistica ma ha radici storiche che affondano nell’età angioina, allorché la proclamazione di Napoli a capitale del Regno di Sicilia in luogo di Palermo fu ritenuta dai salernitani un affronto a loro recato da Carlo I D'Angiò. Del resto, Tuttosalernitana ha sbandierato proprio certi momenti della storia salernitana: “Sappiano che una città che è stata capitale d’Italia, che ha visto nascere la Scuola Medica Salernitana, che ha bellezze naturali e architettoniche di livello assoluto e, in tema calcistico, una tifoseria fantastica non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare a Napoli”.
Il provincialismo di Salerno sta esattamente nel vantare una Salerno capitale d’Italia definizione che ha un valore simbolico ma non corrispondente alla realtà storica di un momento storico assai travagliato come quello della Seconda guerra mondiale e dell’ultima fase di passaggio da una condizione di dittatura alla nuova Italia. La città di Salerno, come quella di Brindisi qualche mese prima, fu più concretamente sede per cinque mesi circa, ne 1944, dei primi governi dell’Italia liberata e riparo dei Savoia. Capitale d'Italia non lo è mai stata, e in quel periodo di confusione e sconvolgimenti continuò a esserlo Roma, quantunque occupata. Non esiste infatti alcuna traccia di regi decreti o di equivalenti atti del Parlamento di trasferimento della capitale d’Italia da Roma a Brindisi e da Brindisi a Salerno, come quelli nero su bianco che ufficializzarono il trasferimento della capitale da Torino a Firenze e poi da Firenze a Roma.
Esistono solo atti formali e non sostanziali, tant'è che nel 2011, alla cerimonia di inaugurazione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia tenutasi a Reggio Emilia, furono invitate le autorità di Roma, Torino e Firenze e non quelle di Salerno e Brindisi.
Se Salerno, una piccola città di 80mila abitanti, fu scelta nel primo 1944 come sede del Governo, è perché un anno prima era stata teatro dello sbarco delle truppe degli Alleati anglo-americani, a seguito del quale le truppe tedesche si erano ritirate a nord del fiume Volturno, rendendo possibile la conquista di Napoli, vero e grande obiettivo dello sbarco stesso.
Napoli che era stata per secoli fulgida capitale di un regno che aveva portato il suo nome, e che doveva diventare per decreto la capitale d'Italia nel 1864, quando bisognava allontanare i ministeri dalla minaccia asburgica. Doveva diventarlo anche perché città più popolosa e più conosciuta d’Italia, già attrezzata per essere capitale, secondo le indicazioni del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia, ma le fu preferita la più piccola Firenze perché le si oppose Vittorio Emanuele II, certo che dalla grande ex-capitale borbonica non si sarebbe usciti e si sarebbe dovuto rinunciare a Roma: "Andando a Firenze, dopo due anni, dopo cinque, anche dopo sei se volete, potremo dire addio ai fiorentini e andare a Roma; ma da Napoli non si esce; se vi andiamo, saremo costretti a rimanerci. Volete voi Napoli? Se ciò volete, badate bene, prima di prendere la risoluzione di andare a stabilire la capitale a Napoli, bisogna prendere quella di rinunziare definitivamente a Roma".
Circa la gloriosa Scuola Medica Salernitana, la più importante istituzione medica d'Europa tra il X e il XIII secolo, è bene ricordare che iniziò a declinare dall'istituzione dell'Università di Napoli in poi, e fu soppiantata dallo splendore dello Studio di Napoli, ovvero la Scuola Napoletana di Medicina, che finì per partorire nel Settecento i giganti Cirillo, Cotugno, Troja, Miglietta, Galbiati, Palasciano, Cardarelli, Moscati, Pascale, Monaldi, fino alla soppressione dell’istituzione salernitana del 1811, dopo secoli di attività irrilevante, voluta da Gioacchino Murat nella globale riorganizzazione dell'istruzione pubblica nel Regno di Napoli.
Sulle bellezze naturali e architettoniche salernitane non esiste alcun dubbio. Salerno è davvero una bella città, piacevolmente insediata tra la costiera amalfitana e cilentana, ma anche in questo soffre la vicinanza di Napoli, gioiello di richiamo internazionale incastonato tra la costiera flegrea e quella sorrentina. A chi giova l’antagonismo antinapoletano dei salernitani? È improduttivo su tutti i fronti, anche su quello calcistico, dove il Nord domina da sempre le vicende nazionali. Sostenere che la Pro Vercelli ha vinto più del Napoli (ma anche più della Roma, della Lazio e della Fiorentina) significa ignorare che il campionato italiano fu monopolizzato dal Nord al principio e fino al 1926, quando club come il Napoli, la Roma e la Fiorentina non esistevano e la Pro Vercelli, che in quel calcio del “triangolo industriale” aveva vinto i suoi “scudetti”, iniziava già a declinare di fronte alla crescita dei club delle grandi città settentrionali.
Nella Questione meridionale affoga da centosessant’anni anche Salerno, e il calcio non fa di certo eccezione. Del resto, la retrocessione della Salernitana nel 1999 a beneficio dello scudetto del Milan, con le ombre di quel finale di campionato, dovrebbe far riflettere i salernitani sul fatto che il Sud, nel calcio come in tutto il resto, avrebbe necessità di compattarsi invece di essere conflittuale.





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