Migliori calciatori di sempre, il "Maggiore a cavallo": un fenomeno spesso dimenticato
Con 84 gol in 85 gare, è il miglior marcatore nella storia dell'Ungheria e fino al 2018 è stato il miglior marcatore europeo di sempre in una nazionale.

Nelle varie discussioni sul calcio, quasi sempre si finisce per parlare dei migliori giocatori di sempre. C'è chi dice Diego Armando Maradona - a giusta ragione - chi invece esalta i brasiliani Pelè, Ronaldo, Ronaldinho ecc. ecc. e chi invece ritiene Messi il numero 1 assoluto di sempre.
Maradona a parte (lasciateci essere un po' fazioso, ma forse no), è difficile avere la certezza di essere nel giusto quando si esprime una preferenza. Ed infatti non manca chi sostiene che il più grande della storia, per numeri e primati individuali, sia Cristiano Ronaldo, l'asso portoghese che ha legato la sua carriera soprattutto al Manchester United e al Real Madrid. Poi c'è chi dice Best, chi Di Stefano, chi Crujiff, Zidane e via discorrendo.
Andando oltre i gusti personali, però, quasi sempre viene dimenticato un grande fenomeno, soprannominato il "Maggiore a cavallo". Stiamo parlando di Ferenc Puskás, nato a Budapest il primo aprile del 1927 e morto il 17 novembre 2006. Considerato il miglior calciatore ungherese della storia è stato tra i marcatori più prolifici di sempre: ha infatti vinto 16 classifiche per marcatori (4 volte Pichichi e 3 volte miglior cannoniere in Coppa Campioni) e segnato oltre 700 reti tra club e nazionale. Con 84 gol in 85 gare, è il miglior marcatore nella storia dell'Ungheria e fino al 2018 è stato il miglior marcatore europeo di sempre in una nazionale, record poi battuto da Cristiano Ronaldo.
Ha giocato con Honvéd e Real Madrid ed ha vinto da protagonista tre Coppe dei Campioni (1959, 1960 e 1966) e l'Intercontinentale 1960 con i Blancos. Con l'Ungheria, suo Paese d'origine, ha vinto la Coppa Internazionale 1948-1953, è stato campione olimpico nel 1952 e vice-campione del mondo nel 1954 in seguito al Miracolo di Berna. Venne soprannominato "Maggiore a cavallo" perché era ufficiale dell'esercito ungherese: il suo soprannome "Öcsi" (che significa "fratellino") si trasformò in "maggiore" quando raggiunse il grado militare, nonostante la bassa statura. Alfredo Di Stefano di lui disse: "Chi non l'ha visto giocare, non sa cosa si è perso".
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