De Laurentiis conosce bene la differenza tra prezzo e valore: lo scudetto ha un valore patrimoniale di breve durata
C'è una sostanziale differenza tra prezzo e valore. Discorso che vale anche per la SSC Napoli. Proviamo a fare chiarezza su tali aspetti.

La settimana scorsa abbiamo fatto un business game sulla valutazione del Napoli sulla base del bilancio ed è emerso che il prezzo da libro contabile della SSC Napoli dovrebbe aggirarsi intorno ai 600 milioni di euro. Ma allora come si spiega, secondo quanto riferito da De Laurentiis nell’agosto 2022, l’offerta di 900 milioni di dollari da parte di un fondo americano arrivata nel 2018 per l’acquisto di una società come il Napoli che aveva vinto ancora poco? Oppure quella, sempre rifiutata dal presidente perché “vuole continuare a divertirsi”, di 2,5 miliardi di euro proveniente da un fondo Usa per rilevare anche la Filmauro?
Sono credibili queste dichiarazioni, peraltro dello stesso ADL, l’imprenditore cinico ma trasparente, accusato dai suoi detrattori – come se fosse un peccato – di voler guadagnare attraverso l’azienda Napoli?
C’è tanta confusione sulla questione. Proviamo a chiarire con qualche concetto, semplificato, di microeconomia e di marketing.
Il prezzo di un bene o servizio è la sintesi di uno scambio commerciale tra il venditore e il compratore. La somma di tutti questi scambi determina il mercato di un bene e ne stabilisce il prezzo medio di acquisto o di vendita. In pratica è come se, prima di effettuare la transazione, tutti quelli che si scambiano uno stesso bene dessero un’occhiata agli altri attori per capire se il prezzo del loro scambio è in linea o meno con quello medio di mercato ed eventualmente lo adeguano.
Quando in un mercato ci sono troppe offerte di un bene rispetto a quanti lo vogliono comprare, il prezzo di quel bene scende, poiché gli offerenti entrano in concorrenza tra loro e abbassano i prezzi per venderlo prima degli altri. Quando invece è la domanda a essere superiore all’offerta, ecco che il prezzo sale, perché per accaparrarsi il bene prima degli altri gli acquirenti offrono un prezzo più alto.
Il prezzo di un bene, dunque, si può considerare come lo specchio degli scambi, una sintesi perfetta delle richieste di acquisto e di vendita che avvengono sul mercato.
Detta in altri termini, in un determinato momento la maggior parte dei soggetti che vendono e acquistano un determinato prodotto è disposta a farlo a “quel” determinato prezzo. Ne è consapevole!
A ben guardare, però, il prezzo da bilancio del Napoli è nettamente diverso da quello, secondo quanto dichiarato dal presidente, offerto dai potenziali acquirenti fino al luglio scorso.
Perché?
Le decisioni di acquisto o di vendita di un bene sono soggette a molteplici variabili, ma soprattutto al “valore” che l’acquirente attribuisce a quel prodotto.
Un bene o un servizio hanno dunque un prezzo e anche un valore. Mentre il prezzo è un dato oggettivo, pubblico, noto a tutti, il valore è soggettivo, emotivo, cambia da luogo a luogo e può assumere entità differenti a seconda delle persone coinvolte nello scambio o del metodo usato per determinarlo.
Il valore, dunque, è legato alla nostra percezione delle cose: per questo si parla spesso di “valore percepito”. Un dipinto, ad esempio, potrebbe avere un valore inestimabile per me, tanto che sarei disposto a pagare milioni per averlo, ma un’altra persona potrebbe ritenere una follia pagarlo anche solo mille euro.
Questo comportamento asimmetrico è dovuto, oltre che alle diverse percezioni del valore, anche alle differenze culturali, geografiche, religiose, sociali che ognuno di noi si porta dietro.
Ecco perché a volte il valore percepito di un bene non coincide con il suo prezzo. Il valore di un bene o servizio lo decidiamo noi in ragione dei nostri bisogni, dell’utilità che gli attribuiamo, dei benefici che può procurarci e persino dell’emozione che proviamo nell’acquistarlo o nel venderlo. Il prezzo, invece, lo determina il mercato.
Quando operiamo in un mercato come acquirenti, confrontiamo il valore percepito con il prezzo di mercato. Ed è qui che scatta la scintilla:
- se il nostro valore percepito di un bene o servizio sarà superiore al prezzo richiesto dal mercato, avremo la sensazione che sia un affare e lo - acquisteremo;
- se il nostro valore percepito sarà identico al prezzo di mercato, avremo la sensazione che il prezzo sia adeguato e compreremo comunque;
- se invece il nostro valore percepito sarà inferiore al prezzo di mercato, avremo una sensazione di ingiustizia e non acquisteremo.
Ogni nostra decisione di acquisto-vendita, anche quella più importante, oscilla dunque tra valore percepito e prezzo di mercato. Non è un caso che tutte le attività di marketing siano studiate per innalzare il valore percepito di un determinato bene: più riescono ad aumentare il nostro valore percepito più sarà facile vendere quel bene a un prezzo alto.
Pensate alle campagne dell’iPhone, che tengono migliaia di persone in fila per giorni fuori dagli Apple Store in attesa dell’ultimo modello. Quelle folle sono il chiaro risultato di una strategia di marketing che è riuscita a trasferire un valore straordinario nella loro percezione di quel prodotto.
E se, in considerazione di quanto sta avvenendo in questi ultimi mesi, il valore percepito della azienda Napoli non giustificasse più neppure il prezzo tratto dalla analisi dei libri contabili?
Su questi aspetti il presidente e l’area marketing del Napoli dovrebbero riflettere perché se è vero che vincere serve anche per guadagnare di più, allo stesso modo non realizzare gli obiettivi sportivi e sporcare l’immagine di efficienza potrebbe sensibilmente ridurre il valore della società.
La cessione della proprietà del Milan dal fondo Elliott a quello RedBird di Gerry Cardinale è avvenuta per 1,3 miliardi di euro: Elliott Management Corporation ha portato a casa una plusvalenza di circa un miliardo, cinque anni e uno scudetto dopo. Ma immediatamente dopo, nel settembre 2022!
Alla prossima





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