Morfeo: "Calcio falso, mi fa schifo. Inzaghi tirchio, io poco professionista. Feci arrabbiare Moratti"
Domenico Morfeo si è confessato in una lunga intervista. L'ex calciatore di Inter, Milan, Fiorentina e Parma, oggi gestisce un ristorante.

Domenico Morfeo, classe 1976, in passato ha fatto sognare tante tifoserie, soprattutto quelle di Atalanta e Parma. Dotato di grandissimo talento, ha raccolto molto meno di quanto avrebbe potuto. Ma la colpa è stata anche sua e non ha problemi ad ammetterlo.
Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport ha rilasciato una lunga ed interessante intervista. Queste le parole del "Maradonino" di San Benedetto dei Marsi: "Se ho rimpianti? Mi dispiace non essere sempre stato un professionista. Avessi avuto un’altra testa, chissà dove sarei arrivato. Mi è mancato quello, non mi piaceva correre né allenarmi", ha sottolineato con grande sincerità e un pizzico di evidente dispiacere.
Nel 1996 contro la Spagna il rigore decisivo per vincere l’Europeo Under 21 e in Serie A tanti lo volevano: "Giocavo con incoscienza, per me è stata croce e delizia. Oggi forse gestirei tutto diversamente. Il calcio è stato il mio migliore amico, mi ha permesso di avere tutto quello che ho oggi, ma anche un nemico per alcune situazioni vissute. Ho litigato con tanti, direi quasi con tutti. Quello del pallone è un mondo senza amicizie, fatto di rapporti di convenienza. Se devo fare un nome, di chi mi ha davvero deluso, dico il presidente del Parma Ghirardi. Io sarei sceso anche in B, lui invece mi ha fatto la guerra. Ma il tempo è galantuomo... si è visto che persona era".
Sul miglior Morfeo, a Parma: "Sì, mi sono sentito forte dove sono stato libero di essere me stesso. A Parma, a Bergamo, a Verona. Diciamo che non amavo le imposizioni tattiche. Adriano? Un animale. Per me il più forte mai visto. Io e Adri eravamo legatissimi. Lo portai da me a San Benedetto dei Marsi e in un bar vedemmo dei signori anziani che sbattevano le carte. Così mi disse 'al primo gol che faccio esultiamo cosi'. Segnò subito e festeggiammo in quel modo".
Su Pippo Inzaghi che gli diede 5 milioni dopo aver vinto la classifica cannonieri con l’Atalanta nella stagione 1996-1997: "Che fatica vedere Pippo tirare fuori i soldi... diciamo che era un po’ tirchio. Ma a Reggio, prima dell’ultima partita, mi disse che se lo avessi aiutato a vincere la classifica dei cannonieri mi avrebbe dato 5 milioni di lire. Segnò due gol e mi staccò l’assegno in spogliatoio. Portai a cena tutta la squadra, sono sempre stato generoso".
Su cosa non andò all’Inter: "Eravamo una grande squadra, personalmente ho fatto gol in Champions e credo di aver fatto il mio. Però si, ero il numero dieci e potevo fare di più. So di aver fatto incazzare Moratti, si aspettavano tutti molto da me. Avevo le qualità per essere titolare in Nazionale, non ho avuto la testa. Poi a un certo punto il resto aveva preso il sopravvento sul calcio e sulla mia voglia di giocare, così ho smesso. Non mi divertivo più. Oggi gestisco il mio ristorante a Parma e sono felice, la vita non finisce con il calcio. Ai miei tempi c’era molta concorrenza, ma mi dispiace non aver mai debuttato. Giocassi adesso farei altre scelte, senza perdere però la mia identità e il mio modo di essere. So di non aver sfruttato a pieno il talento che avevo. Se mi manca il calcio? No, anzi mi fa schifo quello che vedo. Non tornerei mai. Lo trovo un mondo falso".
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