Rrahmani, si sta diffondendo una narrazione distorta sul kosovaro
Amir Rrahmani è sempre stato un difensore affidabile e autore di ottime prestazioni con la maglia del Napoli e su di lui si sta diffondendo una narrazione distorta.

La partita contro il Bologna ha generato un'ondata di disfattismo nell'ambiente Napoli, alimentando un clima di crescente preoccupazione, soprattutto per i cali di rendimento che la squadra azzurra continua a manifestare nei secondi tempi. Di riflesso, la pressione attorno al gruppo squadra è tornata a farsi sentire con forza.
Tuttavia, è doveroso distinguere tra critica costruttiva e critica fine a sé stessa. La prima può essere utile, stimolante, persino necessaria. La seconda, invece, rischia di diventare tossica, influendo negativamente sul morale del singolo giocatore e, più in generale, sull'equilibrio psicologico dell'intero spogliatoio. È vero, molti sostengono che, trattandosi di professionisti milionari, i calciatori debbano accettare il giudizio, anche severo, del pubblico e dei media. Un'osservazione legittima, purché accompagnata da criterio, competenza e senso della misura. Quando, invece, la narrazione diventa distorta, allora è necessario fare chiarezza.
In questo contesto si inserisce il caso di Amir Rrahmani. Il difensore kosovaro è finito nel mirino delle critiche per non aver concluso a rete nell'ultima azione prima del triplice fischio, contro il Bologna, preferendo un passaggio mal calibrato. Un errore che, per molti, ha vanificato l'ultima occasione utile per cercare la vittoria. Ma è davvero così semplice?
Chi ha calcato un campo di calcio, anche a livello amatoriale, sa bene quanto possa essere complesso per un difensore trovarsi improvvisamente in una zona di campo che non gli appartiene. La prospettiva cambia radicalmente, la percezione degli spazi e della porta si fa incerta e spesso l'istinto porta a servire un compagno più "familiare" al gesto tecnico del gol, piuttosto che tentare una conclusione personale.
Certo, si potrebbe obiettare: "Un giocatore di Serie A non dovrebbe commettere certi errori". Ma se si ascoltano le interviste di molti difensori professionisti, emerge chiaramente una costante: in fase offensiva, spesso scelgono il passaggio per l'attaccante, ritenuto più abituato a gestire quel tipo di pressione e a intuire la traiettoria giusta verso la porta.
Nel caso di Rrahmani, le attenuanti sono molteplici: non è mai stato un attaccante - lo dicono i numeri, ma non ci vuole un genio per capirlo - e trovarsi in una situazione del genere, a pochi secondi dalla fine, può far emergere diversi fattori. La stanchezza dopo 95 minuti, la lucidità che inevitabilmente cala, la tensione legata all'importanza della gara in chiave Scudetto e infine la percezione alterata della porta, tipica di chi non frequenta quelle zone del campo.
Alla luce di tutto ciò, le critiche nei confronti del kosovaro appaiono sproporzionate. Forse servirebbe equilibrio, sempre. Anche quando si parla di calcio.
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