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"Non voglio vedere nessuna bandiera del Milan", il Re di Napoli lanciò il proclama

Napoli-Milan è il big match della giornata odierna. Angelo Forgione nel suo editoriale per AreaNapoli.it presenta la partitissima del Maradona facendo riferimento al 1988.


Angelo ForgioneAngelo ForgioneGiornalista e scrittore

06/03/2022 09:30 - Video
Non voglio vedere nessuna bandiera del Milan, il Re di Napoli lanciò il proclama

Ultimi giorni di aprile del 1988. Era la tesissima vigilia di uno dei tanti Napoli-Milan che, nei secondi anni Ottanta, valevano l'élite del calcio continentale. La Serie A era un mundialito per club a quel tempo in cui quelli italiani dominavano le coppe europee, e quel Napoli-Milan del 1 maggio 1988 avrebbe deciso lo scudetto e la reputazione di squadra virtualmente più forte d’Europa. La "Ma.Gi.Ca." napoletana contro i tulipani "milandasi". Il tricolore più importante che mai sarebbe rimasto sulle maglie azzurre o i Rossoneri glielo avrebbero strappato per cucirselo addosso? Il Re di Napoli lanciò il proclama alla nazione napoletana al principio della fibrillante settimana, all’indomani della trasferta di Verona, dalla quale la squadra di mister Bianchi, in evidente affanno, era uscita indenne solo grazie a lui. Prima di calarsi nell'agone, Diego, in formale relax all'ippodromo di Agnano, fece convenire i giornalisti per lanciare il gran messaggio. Sapeva che il Napoli era sulle gambe, e non ne aveva più. Lui stesso, afflitto dalla cronica lombalgia, e Salvatore Bagni, con un ginocchio scricchiolante, non mostravano più un centimetro libero per farsi bucare dalle infiltrazioni antidolorifiche. E sapeva, Diego, che il Milan andava a pieni giri, che sul piano atletico non vi era partita, come era consapevole che le uniche due risorse alle quali poteva affidarsi erano la sua immensa classe e il “San Paolo”, da trasformare in un inferno per far tirare fuori ai suoi qualche energia extra.


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Da capopopolo qual era, si accomodò a un tavolino e tirò fuori tutto il suo innato carisma: «Non voglio vedere nessuna bandiera del Milan, domenica prossima al “San Paolo”, perché quando andiamo fuori casa nessuno ci rispetta, e noi dobbiamo fare lo stesso». Monito rilanciato dalle tivù e dai giornali durante la spasmodica settimana e rinnovato al sabato, quando il Capitano, per provare a caricare ancora di più l’ambiente, mostrò un’euforia di circostanza. Era una corazza dietro la quale si celava il timore di non poter contare sulla squadra che fino a qualche mese prima aveva dominato e ora davvero oltre ogni riserva di energie.


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Il giorno seguente, al “San Paolo”, davvero non si vide una bandiera del Milan, ma risaltarono le maglie rossonere che sverniciarono quelle azzurre nei duelli uno contro uno in velocità. Diego, da fermo, pennellò una punizione imprendibile delle sue, e mise in dubbio l’inerzia del match, ma poi anche i novantamila sugli spalti dovettero arrendersi alla superiorità atletica degli avversari, ai quali tributarono uno storico applauso di grande sportività, che il Milan di Berlusconi non avrebbe ricambiato due anni più tardi, ormai tronfio del titolo intercontinentale che mai avrebbe conseguito senza quello scudetto vinto a Napoli.

Si fecero tante illazioni su quel finale di stagione, per qualcuno manovrato dalla camorra, alla quale il Napoli, perdendo lo scudetto, avrebbe obbedito per salvare gli allibratori della malavita dalla perdita di centinaia di miliardi di vecchie lire, frutto di fantasiose puntate sul bis del Napoli in campionato. Quel tipo di puntata, la “vincente del campionato”, al Totonero, non esisteva, e bastava sapere che le scommesse clandestine riguardavano le singole partite, domenica dopo domenica. Illazioni, appunto, di chi non sapeva che i clan controllavano il Lotto clandestino, non il Totonero, di cui erano padroni certi personaggi di Genova, Milano e Torino, come aveva rivelato Alvaro Trinca, l'uomo chiave dello scandalo del 1980. Stesse nubi si erano addensate sul Napoli anche nel campionato precedente, quando la squadra, in lotta per il primo tricolore della sua storia, era incappata ad aprile in due passi falsi consecutivi che avevano permesso all'Inter di avvicinarsi minacciosamente. Nubi poi scomparse quando il Napoli aveva chiuso i giochi e vinto lo storico tricolore, alla faccia delle voci di camorra contraria.

Le indagini che pure seguirono al tonfo inaspettato della primavera 1988 non tirarono fuori nulla di quanto originato dalla stampa. No, quel Napoli davvero non ne aveva proprio più, e non bastarono l'estro di D10S e uno stadio tutto azzurro per arginare l'inarginabile. Quello stadio, oggi, porta il nome del suo santo laico, e lì il Napoli, senza un Maradona ma con tanta consapevolezza nei propri mezzi, è chiamato a fare un passo importante verso l'impresa. Gli ultras chiedono uno stadio tutto azzurro, un po’ come fece Diego, e il Napoli ci mette del suo bandendo la maglia rossa approntata per l’occasione. Di bandiere rossonere, stavolta, non se ne devono temere, perché, per dirla alla Spalletti, "uomini forti, destini forti; uomini deboli, destini deboli... non c'è altra strada".

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Angelo ForgioneAngelo Forgione
Giornalista e scrittore, autore perlopiù di saggi di cultura, costume e storia di Napoli e del Meridione. Appassionato napoletanologo e studioso dell'idioma napoletano, è anche grafico pubblicitario.

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