Vincere non basta: il Napoli si adegua, e si struttura. Perché è divenuto necessario il Direttore Generale
Il Napoli, dopo ben 13 anni, ha deciso di reintrodurre la figura del Direttore Generale. Scopriamo il motivo e l'importanza di tale decisione.

Dopo tredici anni senza un direttore generale, il Napoli ha deciso di reintrodurre questa figura con un chiaro obiettivo: adeguare la struttura organizzativa al nuovo piano quinquennale di investimenti e sviluppo del brand. Un piano ambizioso, che punta a trasformare il club in un’organizzazione moderna, integrata, competitiva anche fuori dal campo. Lo avevamo anticipato su queste colonne esattamente un anno fa. L’aumento della complessità gestionale, con il club impegnato a sviluppare marketing, merchandising, branding internazionale e la trasformazione dello stadio Diego Armando Maradona in un hub multifunzionale, rende necessario un ruolo operativo dotato di visione strategica costante.
La scelta di Tommaso Bianchini deriva, oltre che dal suo prestigioso curriculum studi, dalla sua esperienza come Chief Revenue Officer, con ruoli precedenti in Fiorentina e Venezia, e dal lavoro svolto in SSC Napoli dal 2022, ambito nel quale si è distinto nella costruzione di ricavi internazionali. Nella nuova posizione, Bianchini riporta sia al presidente De Laurentiis sia all’amministratore delegato Andrea Chiavelli, assumendosi la responsabilità operativa nell’area business, che include marketing, area commerciale, merchandising e innovazione legata all’impianto sportivo.
A differenza dell’amministratore delegato, che si occupa della rappresentanza legale e della direzione strategica complessiva, il direttore generale gestisce l’implementazione quotidiana delle strategie, assicurando coerenza tra la missione aziendale e l’operatività. Questa distinzione consente al club di distribuire le responsabilità in modo più efficiente e di accelerare i processi decisionali.
Per chiarire questa distinzione, possiamo pensare a una compagnia teatrale. L’amministratore delegato è come il direttore artistico: sceglie il repertorio, stabilisce la visione generale e tratta con i partner. È lui a definire dove portare lo spettacolo e con quale messaggio. Il direttore generale, invece, è come il regista che coordina prove, attori, scenografie, luci e tempi. È lui a rendere concreto ogni giorno il progetto deciso dalla direzione artistica. Senza il primo manca la direzione, senza il secondo manca l’esecuzione. E quando entrambi lavorano in modo integrato, l’organizzazione diventa più fluida, veloce, coerente.
Qui entra in gioco un altro concetto chiave: la capacità di un’organizzazione di strutturarsi senza irrigidirsi. Il fattore critico di successo del futuro sarà dato da una strutturazione della dimensione organizzativa che dovrà essere in grado non solo di adattarsi e di trasformarsi con successo di fronte alle nuove sfide della concorrenza, ma anche di anticiparle e di generare continui cambiamenti e innovazioni. È su questa logica che si fonda la scelta del Napoli, che pur avendo evitato nel tempo la formalizzazione eccessiva di un organigramma, ha fatto della snellezza e della valorizzazione delle competenze un marchio distintivo. Sul sito ufficiale, infatti, invece di mostrare diagrammi rigidi e strutture gerarchiche, il club propone una lista di nomi scritti in grande e, sotto, la funzione ricoperta in caratteri più piccoli. Un segnale sottile ma potente: a contare davvero non è la posizione formale, ma il valore espresso dalle competenze e dalle skill dei singoli professionisti.
Ci troviamo di fronte alla traslazione dei concetti e degli strumenti tipici della gestione aziendale, e in particolare di quelli organizzativi, nel mondo del calcio. È questa la leva sulla quale si costruirà il successo delle società calcistiche del futuro: la capacità di trasformarsi in organizzazioni innovative, fondate sul primato della comunicazione interna ed esterna, sull’esplicita adesione alla missione aziendale e su un apporto continuo di competenze e valori.
La squadra diventa così parte integrante della strategia del gruppo dirigente, e non più una realtà a sé. Il vantaggio competitivo non consisterà solo nella qualità tecnica, ma nella capacità di strutturare l’organizzazione in modo da adattarsi ai cambiamenti, anticiparli e generare innovazione continua.
Qui risiede l’elemento interpretativo del successo del Napoli: la snellezza e la flessibilità organizzativa basata su competenze specifiche. Una scelta che non si limita all’efficienza, ma che rivela una visione più ampia, fondata sull’integrazione tra calcio e impresa. Il ritorno del direttore generale, dopo oltre un decennio, non è nostalgia ma consapevolezza. È l’upgrade necessario, coerente con un piano quinquennale che non punta solo ai risultati sportivi, ma alla trasformazione strutturale del Napoli in una vera impresa internazionale del futuro.
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