Kvaratskhelia, storia del timido studente che è già il primo della classe
Angelo Forgione, scrittore e giornalista, nel suo editoriale per AreaNapoli.it traccia la storia del talento georgiano del Napoli.

Vinceva il titolo di Giocatore del Mese (di Agosto) dell’Associazione Italiana Calciatori, Khvicha Kvaratskhelia, mentre su di lui si addensavano i primi dubbi per le prove insufficienti contro Fiorentina e Lecce nel complessivo grigiore offensivo della squadra. Un solo guizzo in due partite, al Franchi, disegnando un meraviglioso arcobaleno per la testa di Lozano. Gol divorato e palla che, se invece di essere messa delittuosamente fuori, fosse finita dove doveva, cioè in fondo al sacco, avrebbe esaltato unicamente la bellezza dell’assist. Qualcuno già era pronto a ridimensionare il talento espresso ad agosto da un ragazzo di 21 anni venuto da lontano, sconosciuto fino al momento in cui non è stato chiamato dal Napoli a ereditare il posto di Insigne, anche se nel 2020, appena diciannovenne, era stato eletto giocatore georgiano e miglior giovane del campionato russo. Su di lui aveva messo gli occhi mezza Europa. La Juventus l’aveva praticamente preso lo scorso autunno, bloccato da Fabio Paratici prima di andarsene al Tottenham e lasciare l’eredità al suo braccio destro Federico Cherubini. Il club torinese temporeggiò, come pure il Milan, consentendo al Napoli di puntare forte su di lui dopo la firma di Insigne con il Toronto. Bruciati anche lo stesso Tottenham e l’Arsenal, che ne chiedevano il solo prestito, con le parole di grande fiducia pronunciate al ragazzo da Luciano Spalletti in persona: «Puntiamo su di te. Il Napoli ti aspetta». Il mister e Giuntoli, come tutti gli addetti ai lavori che lo avevano tenuto d’occhio, conoscevano bene le caratteristiche di Khvicha. Sapevano che aveva la capacità di calciare con ambo i piedi, certamente di precisione e anche di potenza con il destro. Sapevano che poteva correre per decine di metri in velocità con la palla al piede senza perderne il controllo. Sapevano che era capace di tagliare delle parabole velenose per i portieri e i difensori avversari. Sapevano che da esterno d’attacco era in grado trovare la via del gol grazie alla sua capacità di venire dentro al campo dalla posizione di esterno e di trasformarsi in trequartista centrale o addirittura in una seconda punta ambidestra. Sapevano anche che era un dribblatore più che un dribblomane, non uno di quelli innamorati del pallone che fanno spazientire ma uno capace di saltare l’uomo almeno la metà delle volte.
Quando divenne ufficialmente un calciatore del Napoli, in molti storsero il naso. I tifosi partenopei si domandarono come si sarebbe potuto pensare di sostituire una bandiera come Insigne con uno sconosciuto georgiano dal cognome impronunciabile. Anche qualche firma del giornalismo sportivo italiano si meravigliò per la politica del Napoli, che aveva scelto un calciatore della sconosciuta Dinamo Butumi invece di puntare su Alessio Zerbin. In quel club georgiano mai salito agli onori delle cronache prima di allora, Kvaratskhelia ci era finito per questioni politiche, lasciando da rivelazione del campionato russo il ben più noto Rubin Kazan perché aveva ricevuto pesanti e preoccupanti minacce dopo che Putin aveva invaso l’Ucraina. Questioni di rapporti tesissimi tra la Georgia e la Russia dopo il sostegno militare assicurato nel 2008 da Putin alla nascita di due repubbliche separatiste filo-russe nei territori precedentemente georgiani dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia. I russi del Rubin concessero dunque al promettentissimo georgiano la rescissione anticipata del contratto con scadenza al 2024, affinché potesse riparare in patria e si tenesse in forma in vista di un assai probabile trasferimento in campionati più importanti. Una scelta che fece calare anche il costo del cartellino del calciatore, pagato poi dal Napoli solo una decina di milioni.
Salutati i compagni del Batumi, Kvaratskhelia fece un ritiro completo con Spalletti, tra Dimaro e Castel di Sangro, e mostrò i primi sprazzi di classe nelle poco attendibili amichevoli di luglio e agosto. Poi il debutto in Serie A: prime due partite condite da tanta qualità, sgroppate sull’out di sinistra, un assist sontuoso e tre gol, che con quello alla Lazio fanno quattro, uno più bello dell’altro. Tifosi e appassionati di calcio d’Italia sbalorditi dall’impatto importante con il campionato di un ragazzo silenzioso capace di finire sulla bocca di tutti e costringerli a pronunciare il suo ostico cognome.
Le perplessità espresse dopo i due pareggi contro Fiorentina e Lecce se l’è messe alle spalle, Kvara, sprigionando il suo talento all’Olimpico di Roma. E però, al di là della cannonata caricata da Anguissa che ha fruttato il gol della vittoria contro la Lazio e le due perle contro il Monza, il “Messi georgiano” – così è stato pesantemente etichettato in patria – ha fatto capire di che pasta è fatto quando, correndo con la palla tra i piedi, senza perdere contatto col pallone, ha giocato di suola per liberarsi con una veronica di Luis Alberto, cambiare direzione e tirare una sassata da fuori area che si è stampata sul palo.
Spalletti conosce i suoi margini di miglioramento, sa che il ragazzo deve ancora esplodere, e perciò ha avvisato che bisogna dargli tempo e che va protetto, perché sente troppa pressione per via di un carattere mite, per nulla egocentrico, e a volte si “intestardisce” nel portare palla. E in effetti, il ragazzo deve ancora apprendere il mestiere necessario per sfuggire alle marcature italiane, talvolta più strette che in Georgia e in Russia, e allora finisce per sbatterci contro, tant’è che, rispetto alla percentuale del 50% di dribbling riusciti dalle sue parti, in Serie A gliene sono riusciti assai pochi di quelli tentati nelle prime cinque partite. Eppure, già questo Kvaratskhelia un po’ timido e imbrigliato che sta prendendo le misure alla Serie A, e al quale la Serie A sta prendendo le misure, si è fatto notare in campo, eccome. È stato immediatamente eletto calciatore del mese ed è tra i primissimi per rendimento. Insomma, già tra i primi della classe, e mostrando solo parte del suo talento, che attende pazientemente di essere completamente sprigionato.





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