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Koulibaly, addio al totem del terzo scudetto mai vinto

Angelo Forgione ha commentato per AreaNapoli.it l'addio di Kalidou Koulibaly. Il giocatore lascia gli azzurri dopo 8 anni di onorata militanza.


Angelo ForgioneAngelo ForgioneGiornalista e scrittore

13/07/2022 19:01 - Altre notizie
Koulibaly, addio al totem del terzo scudetto mai vinto

Cercava nuovi stimoli, Kalidou, dopo otto anni di Azzurro intenso. Dopo aver vinto la Coppa d’Africa e con un Mondiale all’orizzonte, le ambizioni di vittoria con un club, per qualche anno messe da parte, hanno prevalso sul cuore, e a 31 anni è volato in un top club del campionato più ricco e competitivo. Ha scelto di andare al Chelsea, e si è arreso alla sua volontà anche Spalletti, che aveva annunciato di dimettersi immediatamente allorché fosse stata la società a cederlo.


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A Napoli arrivò in silenzio, da perfetto sconosciuto, e va via lasciando un vuoto incolmabile. Lo volle Benitez quando nessuno sapeva chi fosse, e così iniziò la sua ascesa. In Inghilterra, al Sauthampton, stava per andarci già nel 2015, dopo una stagione deludente nel Napoli, la prima, chiusa con qualche panchina di troppo nel girone di ritorno e 54 gol incassati dalla squadra che fallì l’accesso alla Champions League, ma Sarri bloccò il suo trasferimento e puntò su di lui per blindare la macchina da goal che aveva in mente. Il terzo e ultimo anno del “sarrismo” di quella squadra che attaccava dal primo minuto al novantesimo si chiuse con sole 29 reti incassate. Le richieste si allargarono all’élite europea. Il Manchester United di Mourinho offrì cento milioni al Napoli; De Laurentiis li rifiutò e siglò il rinnovo con un quinquennale da 6 milioni a stagione che fece del centrale africano il calciatore azzurro più pagato. Oggi lo fa suo il Chelsea, voluto da Tuchel, il tecnico del Chelsea che lo ammirò dalla panchina del Paris mentre lui arpionava palloni tra i piedi del campione del mondo Mbappé. Uno così, capace di tenere testa agli attaccanti più temibili, è stato un lusso per il Napoli e tutta la Serie A in continuo depauperamento, consentito finché possibile dall’amore che lui ha provato per Napoli. Diverso da quello di Mertens, più silenzioso, ma altrettanto profondo.


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Ha detto no alla Juve e sì al Chelsea. Scelta facilitata dal fascino della Premier e dalla ricca offerta degli inglesi, certo, ma avrebbe rifiutato i Bianconeri anche se quelli avessero offerto più dei Blues, e mai avrebbe scelto di essere avversario del suo cuore.

Ha scelto di lasciare Napoli, l'unica Italia possibile per lui. Come Cavani, come Lavezzi, quelli che nell'ultimo agguerrito decennio hanno onorato davvero l'Azzurro e la sua città, e non avrebbero mai tradito una tifoseria così appassionata.

Otto anni di Napoli ti fanno un bel po' napoletano, soprattutto se in questi otto anni sono nati i tuoi due figli. Ancor più se in questi otto anni hai lottato anche contro il malcostume di un'Italia che val la pena di lasciare. Otto anni a lottare dentro e fuori dal campo per il rispetto dei napoletani, mentre i napoletani lottavano per il rispetto del colore della sua pelle. Indelebile il ricordo dei tifosi con il suo volto a Fuorigrotta dopo le vergogne degli interisti, non le sole, e dell’indisponente Mazzoleni.

Koulibaly sa cos'è un sentimento e conosce il rispetto. Non è un Higuain qualsiasi da passare al nemico, e neanche un Sarri qualunque da andare a farsi un giro al largo per poi cedere alla corte del rivale. Mai avrebbe sposato chi scippò con destrezza uno scudetto nella maledetta primavera del 2018 e lungo tutto un anno di ombre arbitrali. Quattro anni fa, a metà del percorso, quella zuccata nella notte di Torino che resterà scolpita nella memoria, leggendaria per come fece esplodere un popolo intero, indimenticabile come l'illusione di un'impresa possibile e poi svanita dopo una settimana trascorsa a sognare ad occhi aperti, quando proprio lui, per cinico contrappasso, incarnò la resa a qualcosa di più grande con l’espulsione a Firenze. E siccome il destino spesso si accanisce, fu proprio lui, alla ripresa del torneo, a determinare con un’autorete da incubo la sconfitta del nuovo Napoli di Ancelotti contro la diabolica Juventus.

La delusione dell’aprile 2018 innescò un processo di sgretolamento irreversibile, a partire proprio da Sarri, il mago di quei 91 punti, dico 91, storicamente inutili. Lui ha resistito finché ha trovato le motivazioni per restare. Di quell'armata, ad oggi, restano solo Mario Rui e Zielinski, ultimi superstiti di una favola privata del suo lieto fine. Uno dopo l'altro, amo dopo anno, via quasi tutti i protagonisti di quell'impresa senza consacrazione, e a chiudere il sipario è proprio Kalidou, l'ultimo totem di quegli eroi del terzo scudetto scippato, il difensore che fu paradossalmente la più grande certezza di quella macchina da gol, quella squadra che avrebbe meritato di firmare un pezzo di storia del Napoli e di essere scritta nella storia del calcio italiano.

I tifosi napoletani perdono un idolo, capitano mancato, e ne resta orfana anche la comunità senegalese in città. Il Napoli, lo dicono i numeri, perde il suo giocatore più influente in termini di punti, l’uomo che vince contrasti e recupera palloni, uno dei difensori più forti al mondo, l'insostituibile che va ad arricchire la ricca Premier League e a impoverire ulteriormente la sempre più modesta Serie A. Là, dove il livello tecnico raggiunge il top internazionale, potrà mostrare il suo grandissimo valore di calciatore e mettersi davvero alla prova. Quella dell’uomo l’ha già superata ampiamente, e perciò resterà nel cuore dei napoletani.


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Angelo ForgioneAngelo Forgione
Giornalista e scrittore, autore perlopiù di saggi di cultura, costume e storia di Napoli e del Meridione. Appassionato napoletanologo e studioso dell'idioma napoletano, è anche grafico pubblicitario.

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