Ciriello: "Napoli-Inter alla Caputo con serata libera e la confessione di Conte a Belve 2028"
Marco Ciriello, scrittore e autore di documentari come "Ezra Pound, Poeta - andato in onda su Sky Arte HD", ha rilasciato un'intervista ad Areanapoli.it.

Napoli-Inter partita scudetto: chi l'avrebbe mai immaginato al termine dello scorso campionato? Al Maradona, sabato alle 18 (incredibile, ma è così, sabato alle 18 e non alle 20,45 come meriterebbe una partita tanto attesa), arrivano i campioni d'Italia che sfideranno i campioni che li hanno preceduti. Da Luciano Spalletti ad Antonio Conte - quanti intrecci - passando per Rudi Garcia, Walter Mazzarri e Francesco Calzona. Dal tricolore al colore unico della vergogna con risalita.
Napoli-Inter è anche una sfida tra il club più "virtuoso" sul piano economico - quello di De Laurentiis - e uno tra i più indebitati - quello nerazzurro. Sud "contro" Nord, ancora una volta. Ciucciariello contro biscione con contorno di polemiche, solite miserie dialettiche e una poesia complessiva del pallone che sembra sfumare con il passare del tempo tra logiche televisive e commerciali. Ne abbiamo parlato con Marco Ciriello, scrittore napoletano, firma de La Gazzetta dello Sport, Il Mattino, Il Messaggero, autore di libri imperdibili come "Maradona è amico mio", "Marco Pantani. Alto sui pedali. Una vita alla rovescia", "I calciatori selvaggi " e "Il catenaccio mi sta antipatico".
Riccardo Muti ha detto che non ne può più dell'acuto "Vincerò" e che in Vaticano si fa poca musica. Di cosa Marco Ciriello non ne può più in relazione alla Serie A e cosa si fa troppo poco nel calcio italiano?
«Ho come la sensazione che la Serie A si sia adeguata ai format televisivi, è il calcio applicato allo schermo, esattamente come la musica a X Factor. Uscire dall'immagine preconfezionata e recuperare un commento in spogliatoio fuori dai denti da un giocatore mi basterebbe. Come pure una domanda vera in conferenza stampa a un allenatore. Quel troppo poco che si fa per il calcio italiano è a volte dimenticarselo o, meglio, criticarlo. Io mi aspetto lo stupore sempre: dal pallone, dai piedi e dalle parole».
Nel calcio di casa nostra non è l'epoca dell'epica e l'ippica abbonda con tanti "cavalciatori" che corrono e poco raccontano. Cosa resta da fare ad uno scrittore?
«Lo scrittore legge, o almeno dovrebbe, i gesti e ascolta le parole che non si dicono. Altrimenti verrebbe meno tutta la bellezza della scrittura, anche il mio divertimento. Andare oltre l’immagine e il suono, altrimenti che sfizio c’è? Bisogna immaginarsi i piedi come isole e il pallone come nave, quindi il campo come mare o qualcosa del genere, con le tempeste, la pesca, i tuffi e anche l’offshore».
Spalletti "tolse" uno scudetto a Sarri, il famoso Inter Juventus, poi Luciano ha dato uno scudetto al Napoli rubando parte delle idee di Sarri, e ha chiuso la parabola diventando C.t. dell'Italia. Sarri per rubare uno scudetto alla Lazio è passato dalla parte dei vari ragionier Casoria e compagni. Cosa resta a Conte, ex nerazzurro e gobbo dentro, di Napoli-Inter che vale uno scudetto?
«Gli resta la possibilità di vincere, che non è poco. Se vince rovescia il tavolo e riscrive tutto. È quello che vuole anche se dice di pensare alla Conference League. Poi lo confesserà a Belve nel 2028».
Conte ci crede ancora alla possibilità di vincere o si è adeguato, a proposito del ragionier Casoria, vicino De Laurentiis.
«Credo che non siano sufficienti sei mesi per piegare l’indole di Conte. Certo, l’impreparazione a non aver avuto tutto apparecchiato, un turno di calcio mercato sfavorevole e un ciclo di pareggi e una sconfitta lo stanno portando in un terreno che ha esplorato poco. “Non puoi avere sempre quello che vuoi” gli canterebbe Mick Jagger. Però “adeguarsi” non gli appartiene. Adeguarsi mai, lamentarsi sì, sempre».
C'è un calciatore interessante nei 5 campionati europei che contano? E in Sudamerica?
«Una squadra, rispondo: il Liverpool, poi Julian Álvarez dell’Atletico Madrid e anche Federico Valverde del Real Madrid. Ovviamente tutto quello che fa Bielsa e anche Simeone padre».
Anche Napoli Inter sbattuta alle 18 di sabato sembra una partita come tante. Al calcio italiano credono ancora e di più all'estero. Un po' come i giapponesi che hanno il museo della canzone napoletana e a Napoli abbiamo Tik Tok.
«Quindi siamo giunti al momento dell’intervista in cui Napoli e l’Italia non valorizzano al meglio i propri talenti. E se fosse proprio la retorica del far diventare tutto importante e mettere tutto in primo piano a far perdere l’esatta proporzione delle cose? Sabato alle 18, un sabato qualunque, un sabato italiano, è perfetto. Sergio Caputo lo sa. Con in più la sera libera».
Meglio Napoli-Inter di oggi tra polemiche e veleni o un momento qualsiasi di Totò?
«Totò, da grande poeta futurista, non si sarebbe mai accontentato della ripetizione, ma il più grande dispiacere di questo tempo è confidare sempre di più in quello che conosciamo per non scoprire il nuovo. E invece sempre meglio oggi, che ci siamo ancora, da figli di Totò».
Essere napoletani, maradoniani e scrivere del Napoli per Gazzetta, Il Mattino, libri, importanti portali con intorno il brusìo di chi pensa a voci dall'alto che dettano: da Troisi a Merola, da La Capria a De Crescenzo, tra residenti e non, in quali coordinate ti collochi o non ti collochi? Il decollo è sempre da preferire?
«Per fortuna vivo la gioia di non essermi mai collocato. Sono un trapezista, e sono in viaggio. Coltivo la finta, il dribbling, la parola inattesa. Ogni volta che mi aspettano da una parte sono dall’altra e viceversa. Se leggi il manuale del mexican journalist, che scrissi anni fa, trovi tutte le risposte che vuoi».
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