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Scudetto: il 18 è il numero del Napoli?

Aurelio De Laurentiis può fare come Corrado Ferlaino? In casa azzurra si inizia a respirare aria da Scudetto. Angelo Forgione ne parla nel suo consueto editoriale per AreaNapoli.it.


Angelo ForgioneAngelo ForgioneGiornalista e scrittore

08/02/2022 21:03 - Campionato
Scudetto: il 18 è il numero del Napoli?

Eccolo di nuovo, il Napoli, riaffacciatosi ai piani più alti della classifica, con vista sul tricolore. Calma e gesso! Molta strada c’è da fare per tenere vivo il sogno fino alla fine, a cominciare dalla partitissima prossima ventura contro la capolista Inter al “Maradona”. A certe latitudini, gli infortuni a ripetizione tra gli Azzurri, la perdita di certezze, le tre partite tra le mura amiche contro Atalanta, Spezia ed Empoli senza raccogliere neanche un punto – che rimpianto potrebbe rivelarsi alla fine – e la brusca frenata dei mesi scorsi avevano fatto sperare in un campionato alla milanese. E invece il Napoli è ancora lì, a intromettersi tra Inter e Milan, guardando con fiducia al recupero degli effettivi e allo scollinamento del percorso.


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Per certi aspetti sembra di rivivere il sali-scendi-risali del campionato 2017-18, quello dello scudetto perso in albergo insieme a tutta l’euforia per la grande bellezza umiliata, quella che Spalletti pare aver ormai fatto dimenticare. Il mister, da buon condottiero, scarica le pressioni sull’Inter e predica opportunamente equilibrio. Ci sarà da lavorare a fari spenti per restare nella contesa fino al rettilineo finale e provare a compiere l’impresa ardua, perché di impresa si tratterebbe. La storia insegna che vincere lo scudetto a Sud di Milano e Torino, per tutta una serie di motivi buoni e cattivi, è difficilissimo. A Napoli non ha vinto un certo Ancelotti e nemmeno un Sarri da 91 punti, capace di costruire in tre anni una macchina da calcio evidentemente superiore a tutti gli avversari ma crollata mentalmente di fronte a qualcosa che non sembrò provenire dal campo. Qualche trionfo, in ambito nazionale, l’hanno raggiunto Gattuso, Mazzarri e Benitez, quest'ultimo spintosi pure fino alla semifinale di Europa League con doppio scippo arbitrale della finalissima. Capita anche oltreconfine quando entrano in gioco certi interessi.


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È evidente che le tre Coppe Italia e la Supercoppa dell’era De Laurentiis non bastino a saziare i tifosi, speranzosi di riassaporare lo scudetto, o assaporarlo per la prima volta, dacché sono ben trentadue anni che il tricolore non si concede una vacanza all’ombra del Vesuvio. Sia chiaro che, perché riaccada, il Napoli dovrà fare un raro miracolo sportivo, andare oltre la tradizione, il pedigree e certi condizionamenti che da sempre viziano la Serie A. E dovrà migliorare quel piccolo prodigio sportivo che sta comunque compiendo, anche se una buona fetta della sua tifoseria sembra non accorgersene. Tocca ricordare ancora una volta che, nella sua quasi centenaria storia, il sodalizio azzurro ha primeggiato in Italia solo 2 volte, grazie a Dios, e solo 8 volte si è piazzato secondo in campionato, di cui 4 nell'era De Laurentiis, l’uomo che per una parte della piazza è il vero limite del club e delle sue ambizioni. «Il presidente non vuole vincere», si dice in giro, quasi come se sia stato il patron il mandante della velenosa “operazione Orsato” di quattro anni fa, come se lui voglia tirarsi indietro di fronte alla possibilità di battere l’Inter, di provare a vincerlo questo benedetto scudetto, e di lasciare un segno indelebile nella storia del club di cui è proprietario dal 2004. Se a quel tempo non fosse spuntato dal nulla che aveva fatto sprofondare il Napoli, il Napoli sarebbe finito nelle mani del friulano Pozzo, e chissà con quali risultati. Di sicuro, fin qui, si sono susseguite diciassette stagioni ad alti livelli, con una crescita costante, fino a raggiungere una continuità di progetto mai verificatasi nelle precedenti gestioni.

Questa è la diciottesima annata targata De Laurentiis… Tante ce ne vollero a Ferlaino per vincere il suo primo tricolore, ma esercitando un improvviso sforzo sulle casse sociali che costò carissimo alla fine del ciclo maradoniano: un decennio di sostanziale anonimato fino al traumatico ma, con il senno di poi, salvifico fallimento. Vedremo tra qualche mese se la cabala avrà trionfato, ma intanto, con il Napoli a fiatare sul collo delle milanesi, la leggenda metropolitana del presidente che non vuole vincere si fa di nuovo largo sui social. Colpa della politica amministrativa del club, e di quei conti da far quadrare anche a costo di non riuscire ad afferrare lo scudetto quando si è girata la boa da campioni d’inverno. È successo già due volte, e le due scottature bruciano ancora sulla pelle.

Quando vedi il Napoli smarrirsi nei momenti importanti, spesso contro avversari abbordabili, ti accorgi che manca al club quel sacro fuoco che altrove nasce nelle stanze dirigenziali. Altrove, appunto, e fa bene De Laurentiis a non caricare di pressioni i suoi, ma sbaglia a non trasmettere la necessaria convinzione per dare quel qualcosa in più nei momenti decisivi. Manca solo questo al suo Napoli, che sulla carta e sul campo ha i necessari valori per compiere il raro miracolo. Il popolo azzurro è spaccato da tempo. Il dibattito napoletano su De Laurentiis è un fenomeno fattosi interclassista e trasversale, e appartiene alla Napoli popolare come a quella borghese.

C'è chi ritiene Aurelio una fortuna per un club del derelitto Sud-Italia e chi, "pretendendo" vittorie all’insegna del più insignificante “noi siamo il Napoli”, lo considera una condanna per i sogni di gloria. I detrattori lo accusano di lucrare sulla passione dei napoletani, e l’idillio non è mai scattato anche per certi suoi difetti di comunicazione. Eppure, fatte salve le tifoserie delle tre grandi strisciate del Nord, nel resto d’Italia, a partire da Roma, la Napoli del calcio è invidiata, perché è lassù a lottare con le grandi, anno più anno meno.

Nella mitologia greca, Tantalo, in quanto figlio di Zeus invitato alla mensa degli dei, ruba il nettare e l’ambrosia, fonti d’immortalità, beccandosi la punizione divina. Viene incatenato a un albero di frutta vicino a una fonte d’acqua fresca, che si ritraggono ogni volta che egli vi si avvicinava, impedendogli di sfamarsi e dissetarsi. È la metafora giusta per descrivere ciò che accade a quella parte di tifoseria napoletana che si sente condannata a un supplizio di Tantalo dalla vista ravvicinata del grande sogno mai afferrato con mano. La punizione divina gliela infligge il deus ex machina azzurro, Aurelio il ragioniere, colui che non fa lo stadio nuovo, che non si dota di un centro sportivo proprio, che non investe nel vivaio, che non completa la squadra a Gennaio, che lascia andare via Insigne, che distribuisce dividendi alla famiglia, che non ama la pizza napoletana e che intrappola i sogni di un’intera città. «Noi vogliamo vincere», dicono i contestatori, e lui, il contestato, neanche guarda, e passa.

È davvero un rapporto da psicanalisi quello tra una certa Napoli e De Laurentiis. Sì, perché più il Napoli dimostra costanza e più il presidente è discusso. Il suo gradimento è inversamente proporzionale ai suoi risultati. I detrattori lo chiamano "pappone". Quando pronunci questa parola, a Napoli, tutti pensano a lui, anche i sostenitori, quella parte della tifoseria che non gli è ostile e per la quale conta il Napoli, non chi ne è proprietario, e conta anche che il proprietario del Napoli non sia mai stato sfiorato nemmeno per errore da uno scandalo, da un’accusa di truffa o di collusione con la malavita, quella malavita da cui lui ben protegge l'intero club. Conta che l'imprenditore non metta il Napoli in difficoltà finanziarie come hanno fatto tutti i proprietari del passato. Conta che passi l'estate a scegliere calciatori di prospetto piuttosto che a mendicare fidejussioni bancarie per iscrivere la squadra al campionato. Conta che assicuri continuità di progetto e non faccia finire il club fuori della contesa.

Conta che tenga il Napoli tra i protagonisti, perché mentre i romani giallorossi e biancocelesti vincevano gli scudetti del Giubileo pompando bilanci e creando problemi poi "sanati" da spalmadebiti e banche, i napoletani stavano a guardare senza nulla contare. Conta che De Laurentiis, antipatico o no, gli abbia restituito la cittadinanza nel calcio importante, che non è la Serie A ma l'Europa. Manca giusto una rarità. Chi vivrà vedrà.

Infografica realizzata da Angelo Forgione per AreaNapoli.it.


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Angelo ForgioneAngelo Forgione
Giornalista e scrittore, autore perlopiù di saggi di cultura, costume e storia di Napoli e del Meridione. Appassionato napoletanologo e studioso dell'idioma napoletano, è anche grafico pubblicitario.

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