Napoli schiacciato nel secondo tempo, le metriche dimostrano che non è un calo fisico
Abbiamo analizzato nel dettaglio quanto avvenuto al Napoli nel secondo tempo della gara di campionato contro il Bologna. Vi presentiamo una serie di metriche e di dati.

Ancora una volta, dopo un ottimo primo tempo, il Napoli anche contro il Bologna ha offerto un secondo tempo a tratti sconcertante per atteggiamento e senso di impotenza. Cerchiamo di scoprire i motivi di questo calo della compagine azzurra di Antonio Conte.
BARICENTRO TROPPO BASSO. Come spesso facciamo, ci aiutiamo nella analisi prestazionale con dati e grafiche che intuitivamente ci forniscono letture chiare e soprattutto oggettive di ciò che è accaduto in campo. Il grafico relativo alle posizioni medie e alla mappa delle connessioni, certifica un baricentro medio troppo basso - 40,82 metri – che ha finito per schiacciare la squadra partenopea a ridosso della propria area di rigore, fattore divenuto via via sempre crescente nel corso del secondo tempo. Lukaku nel cerchio di centrocampo e Neres totalmente isolato e uomo più avanzato degli azzurri, ma poco oltre la line centrale del campo, ne sono chiara testimonianza. A destra Politano e Di Lorenzo quasi sovrapposti in copertura sugli esterni felsinei Miranda e Ndoye/Odgaard, che hanno fatto il solco sulla fascia sinistra da cui è arrivato il tracciante in occasione del gol subito da un incolpevole Scuffet.
Anche le heatmaps che riportano le zone di gioco della gara, mostrano come il Bologna abbia sviluppato in ampiezza sugli esterni, in particolare a sinistra dove pare evidente la macchia rossastra che certifica la densità più alta di azione. Di converso si vede in modo chiaro come il Napoli abbia finito per fare densità nella propria area di rigore, caratterizzata da una ampia zona rossa.
NON SI E’ TRATTATO DI UN CALO FISICO
Se da una prima osservazione della gara era parso che gli azzurri nella ripresa fossero calati anche fisicamente subendo l’aggressività del Bologna, osservando i dati post-partita arriviamo ad una conclusione diversa. Intanto ancora una volta il Napoli con oltre 115 km percorsi di squadra ha performato meglio degli avversari con 112 km. Elemento che potrebbe essere fuorviante e fine a sé stesso se non fosse messo in correlazione con altri dati che riportiamo. Nel solo secondo tempo per esempio gli uomini di Conte hanno vinto appena un duello in meno – 54 contro 55 – ma con una percentuale migliore dei felsinei – 58% contro 42% - addirittura meglio del primo tempo in cui la percentuale di duelli vinti era stata 60% per i padroni di casa e 40% per gli ospiti. Sconcertanti altri due dati relativi alla seconda frazione di gioco: gli ingressi in area di rigore - 30 a 5 per il Bologna - e i palloni spazzati – 9 per i rossoblù e ben 34 per gli azzurri -.
Il secondo tempo imbarazzante dal punto di visto della sudditanza tattica e dell’atteggiamento passivo dei ragazzi di Conte balza ancor più all’occhio nell’ultima grafica che proponiamo, relativa all’Attack Momentum, che sintetizza l’intensità della pressione subita in modo inequivocabile. L’altezza di ogni colonna – verde per il Bologna, azzurra per il Napoli – misura una combinazione di una serie di metriche offensive, quali possesso palla, tiri, grandi occasioni, ed altre. Ebbene il quadro è eloquente e a tratti davvero di una superiorità rossoblù imbarazzante.
70 – 74 – 92: CAPITOLO CAMBI
Infine, ma non per importanza, non è la prima volta che ci interroghiamo sulla gestione dei cambi da parte dell’allenatore partenopeo. A molti, addetti ai lavori e non, è parso da subito evidente il calo mentale dopo pochi minuti della ripresa. In taluni casi, vedi Politano, McTominay, Anguissa e lo stesso Lukaku, il calo è sembrato anche di carattere atletico e prestazionale. Tuttavia ci si chiede come possa essere possibile che una squadra impegnata in una sola competizione possa avere dei cali prestazionali di tale portata. Ma soprattutto ci si interroga sulla difficile lettura, a tratti indecifrabile, del livello di coinvolgimento della rosa. Il primo cambio, forzato, arriva come spesso accade al minuto 70, quando McTominay, stramazzato al suolo causa stanchezza e botta ricevuta la fianco, viene rilevato dal connazionale Gilmour. Il secondo al minuto 74 quando Raspadori è chiamato a sostituire un impalpabile Neres, venendo tuttavia impiegato in una posizione quasi da mezzala e abbassando quindi ulteriormente la squadra. L’ultimo, davvero irritante e quanto meno di difficile interpretazione, al minuto 92, con l’ingresso di Ngonge in luogo di un Politano che sembrava aver terminato il carburante già dopo un’ora di gioco. Due considerazioni su tutte. In primis, con la squadra in evidente soggezione tattica già all’inizio della ripresa, poteva essere opportuno anche un cambio di sistema di gioco e di interpreti. Ed ecco quindi la seconda considerazione che riproponiamo: elementi come Billing, che tanto bene aveva fatto quando impiegato e che sarebbe tornato utile anche nella esecuzione di eventuali calci piazzati - vedi occasione del calcio franco nei minuti di recupero da posizione ottimale proprio per un mancino -, come gli stessi Simeone, Mazzocchi e Okafor, ci chiediamo perché non possano trovare spazio in momenti e situazioni di gara in cui si verifica un evidente calo di rendimento dei compagni in campo. L’impiego dello stesso Gilmour è parso tardivo e la stessa sostituzione di Neres con Raspadori e non con Okafor ci pare almeno discutibile. Di qui l’ ipotesi più accreditata al momento, e cioè che Conte non si fidi dei cosiddetti rincalzi e non li ritenga all’altezza. Ed ecco che quindi l’attenzione si sposta sull’operato, evidentemente ritenuto spezie a gennaio insufficiente, da parte della Società, elemento che sposta il focus su un altro argomento focale: il livello di soddisfazione del tecnico e la sua permanenza sulla panchina azzurra, ma questa è un’altra storia che avrà risposte definitive soltanto a fine stagione. Ora testa al campo.





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