Napoli in vetta, Juventus in coda. Solo chi ha bilanci a posto può fare mercato
Sono stati resi noti i rating dei club di Serie A, il Napoli di Aurelio De Laurentiis si conferma la società più virtuosa e meglio gestita a livello economico. Juventus lontanissima rispetto agli azzurri.

“Il virtuosismo dei bilanci non ci interessa” oppure ”Pensiamo allo scudetto sul campo perché le discussioni sui bilanci sono delle pippe mentali”, sono le frasi più ricorrenti che ho (ri)sentito nell’ultimo anno, dopo la tregua dell’anno scorso quando i filosofi della corrente “papponista” avevano temporaneamente alzato bandiera bianca. I “papponisti” sono gli interpreti di una corrente di pensiero che contesta Aurelio De Laurentiis per la sua presunta scarsa propensione a investire per far “vincere” il Napoli («Pappo’, cacce ’e sord» il loro slogan-manifesto) e soprattutto per la più eterea (e forse storico-antropologica) “incriminazione” di aver sfruttato Napoli per il “lurido” fine del profitto («Pappo’, si venuto a fa ’e sord ’ncuoll a nuje»: altro mantra del pensiero papponista).
Eppure non tutti percepiscono la precisa correlazione tra un bilancio virtuoso e una vittoria sportiva. Cerco di spiegarlo anche a chi non mastica questi argomenti. Cosa vende una azienda-calcio? Se fossi il presidente di una squadra di calcio per un solo giorno e chiedessi ai miei collaboratori: «Cosa vende la nostra azienda di calcio?», non vorrei mai sentirmi rispondere: «Uno spettacolo». Un’azienda di calcio non vende spettacolo.
Un’azienda di calcio, lo abbiamo ripetuto tante volte, vende diritti televisivi, abbonamenti e biglietti per assistere allo spettacolo, il suo brand per sponsorizzazioni e merchandising (magliette e gadget). Questi elementi determinano il fatturato, i ricavi di una società calcistica. Lo spettacolo è solo la materia prima che viene lavorata, “trasformata” dagli operai-calciatori (chiedo scusa a tutti i salariati per la forzatura) e dai manager e specialisti della direzione sportiva (direttore sportivo, allenatore e staff, team manager e coordinamento medico-sportivo).
Come si valuta quella “materia prima”?
Se produco e vendo pasta, devo saper scegliere il grano in base a determinate caratteristiche. Se sono il presidente di un’azienda di calcio, come faccio però a capire se la “materia prima” per produrre fatturato, cioè lo spettacolo-calcio, è buona? C’è un unico metro di valutazione (se ne sono accorti anche i sarristi, oltre che Sarri): i risultati! Certo, la qualità degli operai e dei manager influenza tantissimo la qualità di qualsiasi spettacolo.
Provate a immaginare un Natale in casa Cupiello interpretato da Toni Servillo e con la regia di Paolo Sorrentino: per il produttore (colui che investe i propri soldi) le probabilità che quello spettacolo raggiunga il “risultato” sperato sono elevatissime. Anche se l’equazione “migliori attori = miglior spettacolo” non sempre è perfetta, è indubbio che la possibilità di raggiungere l’obiettivo è maggiore.
Ma il produttore-presidente ha come scopo l’efficienza aziendale: realizzare il massimo risultato con il budget a disposizione. Perché, se sbaglia un paio di spettacoli e non vende i suoi prodotti (diritti tv, biglietti, sponsorizzazioni e merchandising), potrebbe ritrovarsi a portare i libri in tribunale per il default.
E per avere capacità finanziaria adeguata, occorre tenere i bilanci a posto!
Il Napoli è campione d’Italia dei bilanci da anni. Nella gestione economico-finanziaria della società il Napoli potrebbe addirittura ambire a una stella (il simbolo di dieci vittorie del campionato) sulla maglia.
Volete una prova?
Abbiamo utilizzato i risultati di una società che fornisce le informazioni economiche di tutte le aziende di Europa utilizzando un modello di credit-scoring, ossia il risultato di algoritmi e modelli statistici che, basandosi su caratteristiche e dati determinati, permette a chi li legge (di solito i creditori) di distinguere tra una società sana e una rischiosa, fornendo al soggetto decisore una stima della probabilità di default delle stesse (cioè che non siano più in grado di onorare gli impegni).
L’output del modello consiste in un punteggio, un voto, il rating appunto, che così come a scuola varia su una scala che di solito va da 1-AAA (il voto migliore) a 10-D (il peggiore) e che determina la promozione o la bocciatura dell’azienda.
In sintesi il rating è un «giudizio sintetico sulla rischiosità del cliente» ed è la risposta numerica alla domanda: qual è la probabilità che il cliente diventi insolvente nell’arco dei prossimi 3-5 anni (probabilità di default), cioè il rischio che in quell’arco temporale l'azienda NON possa più restituire i soldi al creditore!
A tal proposito abbiamo analizzato i rating delle principali otto squadre della serie A (sulla base del bilancio al giugno 2023) e il risultato è chiaro anche semplicemente servendosi della intuizione cromatica o della conoscenza dell’alfabeto!
Il Napoli è primo in questa classifica con un rating AA, una potenzialità di fido da parte di un creditore di circa 3,4 mln di euro e una probabilità di default 0,16%, mentre la Juventus è ultima con un rating C, una probabilità di default del 60% e non meritevole, a meno che la famiglia Agnelli non garantisca personalmente, neppure di un euro di fido da parte dei creditori!
E tutto ciò si rifletterà nella campagna acquisti: ma qualche “segnale” già lo abbiamo ricevuto con l’investimento Antonio Conte & C.





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