Il grave incidente da bambino: da "vivo per miracolo" a fenomeno del calcio "più forte di tutti"
Man mano che passavano gli anni, man mano che cresceva, da quelle parti si parlava soltanto del suo talento nonostante fosse il più piccolo.

Metà anni ottanta, nord della Francia. Un’auto con a bordo una giovane coppia e un bimbo di due anni rimane vittima di un grave incidente, uno scontro tremendo con un camion. I genitori rimangono miracolosamente illesi - scrive Romanzo Calcistico - mentre il piccolo nello scontro balza fuori dal seggiolino, impattando terribilmente. Fortunatamente il bimbo si salva, anche se i segni di quel brutto giorno se li porterà per sempre dietro.
In tutti i sensi. Il suo volto viene ricucito con più di cento punti, tanto che una grande cicatrice rimane ben visibile sulla parte destra del viso. Ma anche con nella quotidianità, l’essere umano spesso non è in grado di comprendere. Sono anni difficili: infanzia prima, adolescenza poi, una lotta continua. Contro l’ignoranza e la cattiveria, ma soprattutto contro se stesso. “Quando sei un bambino e hai una cicatrice come questa non è affatto facile conviverci - dirà in un’intervista a Canal Plus - il modo in cui le persone ti guardano, ti offendono… La gente dice cose come ‘guarda la sua cicatrice, è orrenda’... Ovunque andassi la gente mi fissava, e non perché fossi un ragazzo buono, non perché il mio nome fosse Franck, non perché fossi bravo a giocare a calcio: per il mio aspetto. Nonostante soffrissi, però, non mi sono mai messo a piangere in un angolino. Non ho mai versato una lacrima e la cicatrice è diventata la mia forza...”.
Niente lacrime, anche perché non aveva tempo. Era troppo impegnato a perseguire il sogno della sua vita: diventare uno dei più grandi calciatori del mondo e far parlare di sé per ciò che era realmente. E nei campetti malmessi tra i palazzoni di un umile quartiere di Boulogne-Sur-Mer prima, nelle scuole calcio poi, si parlerà sempre e solo di lui. Man mano che passavano gli anni, man mano che cresceva, da quelle parti si parlava soltanto del suo talento. Nonostante fosse quasi sempre il più piccolo, di fisico e di età, nonostante fosse trattato come uno “diverso”, si parlava sempre e solo di Franck Henry Pierre Ribery. Non più per il suo aspetto, ma per ciò che in campo dimostrava di essere: il più forte di tutti.
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