La Superlega non nascerà mai
La tanto famigerata Superlega potrebbe non avere mai luce. Il modello proposto non sembra attirare i favori dei tifosi, vero motore dell'economia calcistica.

Sapete perché, nonostante la sentenza della Corte di Giustizia Europea, la Superlega non nascerà mai? Lo rilevo facendo un’indagine di customer satisfaction su un campione che, sebbene statisticamente insignificante, è molto rappresentativo dell’universo dei tifosi napoletani: me stesso! Sono un tifoso patologico di calcio e un consumatore seriale dei prodotti a esso associati. Fino a qualche anno fa ero un abbonato del settore tribuna alle partite casalinghe del mio Napoli, leggevo quattro riviste specialistiche mensili (tra cui quel «Guerin Sportivo» che non abbandono dal 1977) e compravo tutto il pacchetto calcio pay-per-view. Poi, sicuramente influenzato anche dall’età, ho iniziato a non percepire più la stessa attrazione verso lo spettacolo allo stadio e questo anno sono ritornato ad abbonarmi dopo che, per circa dieci anni, ho rinunciato allo stadio, continuando a godermi le partite seduto sul divano di casa e, talvolta, direttamente al Maradona nel settore distinti (era il settore preferito da mio padre). E da poco, scomparse due iniziative editoriali per mancanza di fondi, ho tagliato anche una delle due residue riviste (ovviamente non il «Guerin Sportivo») perché la sua linea editoriale era sempre più orientata al glamour di quel mondo, mentre i miei gusti rimangono quelli di un guerinetto nostalgico.
Pertanto se fosse nata “quella” Superlega, la prima versione, quella bocciata dalla UEFA, non avrei speso un euro (se a pagamento) per vedere in tv una competizione che avrebbe espresso valori lontani dai miei, e probabilmente avrei rinunciato anche a qualche abbonamento alle piattaforme già esistenti.
Ora, dopo la sentenza, iniziano a parlare, speriamo non in maniera propagandistica, di un torneo a 64 squadre e di visione gratuita delle partite.
Continuo a non essere attratto e sono in ottima compagnia.
Sono, infatti, solo un esempio indicativo dei tanti tifosi che, unitamente a quelli che hanno manifestato in “quei” giorni contro il tentativo di far nascere un torneo elitario e classista, hanno la possibilità di decidere il futuro del nostro amatissimo sport con il voto del loro portafoglio, un voto che vale molto di più del potere lobbistico di un Andrea Agnelli o della sentenza della Corte Europea di Giustizia e che si esercita premiando nei consumi quelle aziende che riescono a creare valore sociale utile.
Il messaggio è chiaro. La vicenda della Superlega di calcio ha sancito un principio (semplice ma spesso dimenticato) che è alla base di ogni business: a essere determinante non è l’offerta ma la domanda, e la domanda siamo noi. Il mercato siamo noi tifosi, che con le nostre scelte di consumo assumiamo consapevolezza di rappresentare la principale urna elettorale a disposizione dei padroni del calcio, e soprattutto il principale target di riferimento degli sponsor che finanziano la nostra passione.
Quanti demagogici commenti di natura finanziaria ho letto in questi giorni e un anno, fondati sull’assioma che la Superlega altro non è che il calcio dei ricchi che hanno molti debiti: un ossimoro basato sull’incompetenza di chi non sa che lo stato patrimoniale di un’azienda è composto da un passivo, i debiti appunto, e un attivo rappresentato da asset come il valore del parco calciatori, del brand e degli stadi di proprietà.
Quello, la prima versione, non sarebbe il torneo degli indebitati, ma avrebbe dovuto essere il torneo dei potenti, che, colpiti dal delirio di onnipotenza di osteggiare addirittura la FIFA in quanto detentrice di un interesse economico contrario a quello dei super club, non avevano capito che l’azione del portafoglio esercitabile dal consumatore critico, ancora più incisivo se rafforzato dalla pressione effettuata attraverso gruppi appartenenti allo stesso target, è incredibilmente forte, perché influenza le imprese che finanziano (sponsor, tv, ecc.) e poi contagia le imprese finanziate (le società di calcio), spingendole a una maggiore responsabilità sociale (sulla responsabilità sociale della football industry occorre un discorso a parte).
Il voto del mio portafoglio di tifoso agisce così tanto sui consumi quanto sul loro conto economico, quindi sul contesto sociale e sulla felicità degli appassionati di calcio.
Loro non lo sanno, purtroppo, ma con il fallimento della prima versione della Superlega abbiamo vinto tutti.
Per quanto riguarda, invece, questa seconda opportunità che si presenta dopo la sentenza della Corte Europea di Giustizia, lo scenario è completamente diverso perché, così come avvenne dopo la sentenza Bosman, forse non riusciamo ancora a comprendere gli effetti benefici: è crollato il potere della FIFA e della UEFA, è stato abbattuto un monopolio, si è liberalizzata l’organizzazione di qualsiasi torneo da parte delle singole Federazioni o Leghe.
Una rivoluzione la cui portata va oltre la Superlega: sembra assurdo ma nessuno potrà più vietare di organizzare anche il torneo delle Due Sicilie.
Ecco perché probabilmente non succederà nulla, non si cambierà nulla ma, essendo aumentato il potere negoziale delle società di calcio, la UEFA e la FIFA ora dovranno sborsare più soldi se vogliono mantenere lo status quo.
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