Tempo di gioco, urgono direttive. Nel secondo tempo di Parma solo 23 minuti effettivi
Si gioca sempre meno, urgono dei cambiamenti. Nella gara Parma-Napoli si è giocato pochissimo, specialmente nel secondo tempo. Vi proponiamo la nostra analisi.

In tempi non sospetti e in più occasioni nel recente passato, da queste colonne ci siamo espressi in merito alla annosa vicenda delle perdite di tempo e dell’atteggiamento oltremodo ostruzionistico dei protagonisti in campo, tema nei confronti del quale mai si è realmente provveduto a porre in essere provvedimenti che potessero evitare o scoraggiare questa pratica che poco ha a che vedere con una sana cultura sportiva. Lungi da noi la volontà di vestire i panni dei puritani dello sport e segnatamente del calcio, tant’ è che il malcostume di perdere tempo e di spezzare il ritmo agli avversari con pratiche poco ortodosse ha sempre fatto parte dello sport, e non solo del calcio.
Basti pensare ad esempio al tennis, gioco etichettato come ben più aristocratico del football, ma dove sempre più si assiste alla pratica, spesso artificiosa, della richiesta del Fisioterapista, nei momenti di difficoltà emotiva e nei momenti di inerzia negativa del gioco, proprio per togliere ritmo all’avversario. Tuttavia nel calcio, e segnatamente nella nostra Serie A, forse più che altrove, l’ostruzionismo e la perdita di tempo sono divenuti sempre più strumento al quale ricorrere in situazioni di difficoltà, una pratica che dal punto di vista della cultura dello sport va nel modo più assoluto condannata e combattuta alla stregua delle simulazioni che spesso vediamo in campo e per le quali spesso ci scandalizziamo.
Ebbene, la ratio di queste ultime è senz’altro la stessa che è alla base della perdita di tempo per presunti crampi, piuttosto che per fittizi contatti, o per tanto altro, e altra non è che ingannare arbitro e avversario con una condotta scorretta e non regolamentare. Ecco dunque che, se osserviamo questa pratica con questo tipo di prospettiva, capiamo come essa sia sanzionabile anche dal punto di vista disciplinare dall’arbitro stesso, e non certo o non soltanto con i dieci minuti di recupero - durante i quali spesso si gioca anche di meno - quanto con provvedimenti da annotare nel referto e da sottoporre, con tanto di prove video, alla autorità del Giudice sportivo. A quanti possano trovare eccessive queste considerazioni, portiamo a supporto i dati che si riferiscono alla gara Parma-Napoli dell’ultima giornata di campionato, riassunti nella grafica di seguito.
Aldilà della considerazione in merito al costo del biglietto pagato dagli spettatori, che di per sé da sola basterebbe a giustificare l’indignazione per aver pagato un biglietto spesso anche costoso per assistere ad uno spettacolo a metà, pare assolutamente inammissibile che si debbano registrare dati così eclatanti: dei 103 minuti e spiccioli nominalmente giocati da cronometro dell’arbitro Doveri, 49 nel primo tempo e poco più di 54 nella ripresa, il tempo in cui realmente si è giocato è stato di poco più di 52 minuti, ossia il 51% del totale.
Inoltre, per completare il quadro, di questi 52 minuti, 29 sono stati giocati nel primo tempo - pari al 59,22% - e soltanto poco più di 23 nella ripresa - pari al 43,03% -. Dati sconvolgenti e, verrebbe da dire, che falsano comunque le contese, le cui durate spesso divergono in modo anche consistente. Immaginate di andare a teatro e di pagare 100 euro per una rappresentazione in due atti e di essere costretti ad assistere ad un solo atto. Chiedereste o non il rimborso del bilgietto?





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