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Dal caso Bellini alle separazioni eccellenti: quando il personaggio prevale sul professionista

Gestione del cambiamento ed esposizione mediatica: il rischio del "personaggio in azienda". Analizziamo il caso di Decibel Bellini.


Vincenzo ImperatoreVincenzo ImperatoreAnalista finanziario e giornalista

29/08/2025 09:06 - Altre notizie
Dal caso Bellini alle separazioni eccellenti: quando il personaggio prevale sul professionista

Un mare di lacrime napulitane per Decibel Bellini. Con questa immagine si potrebbe riassumere la reazione collettiva che ha accompagnato la decisione della SSC Napoli di sostituire lo speaker ufficiale dello stadio. La scelta della società ha scatenato un’ondata di reazioni emotive, un vero e proprio piagnisteo provinciale (dal punto di vista della cultura aziendalistica), con tifosi e opinionisti pronti a strapparsi le vesti senza conoscere realmente i motivi alla base di questa decisione, che pure esistono e sono concreti.


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Eppure, osservata con l’occhio del management, questa vicenda racconta qualcosa di più ampio. Le aziende che vogliono crescere non possono confondere la stabilità con l’immobilismo. La continuità organizzativa è un valore, ma diventa un ostacolo quando si trasforma in incapacità di rinnovare ruoli, processi e persone. Anche figure molto amate, che hanno contribuito alla storia di un’organizzazione, possono essere oggetto di avvicendamento. È la logica della gestione del cambiamento: si accetta il sacrificio di un pezzo di cuore per salvaguardare la visione futura, consapevoli che le organizzazioni sopravvivono solo se hanno il coraggio di rinnovarsi.


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Ciò che colpisce, in questo caso, è la reazione emotiva. Ogni decisione diventa immediatamente tragedia, amplificata da un sentimentalismo che in un contesto aziendale rischierebbe di trasformarsi in zavorra. Il paradosso è che a gridare allo scandalo sono spesso le stesse persone che, se dipendenti, si sentono martiri per un semplice richiamo disciplinare e, se imprenditori, sono soliti gestire un turnover continuo senza alcuna preoccupazione per la stabilità dei collaboratori. Eppure, di fronte a una scelta di governance che non conoscono nei dettagli, riscoprono improvvisamente valori come la fedeltà e i legami eterni.

Questa contraddizione mostra in modo evidente come il calcio, lo ripetiamo per l’ennesima volta, sia a tutti gli effetti un’impresa, con le stesse dinamiche, necessità e regole di un’azienda che opera in un mercato competitivo. E in un’impresa seria nessuno è intoccabile. Le persone contano, ma non possono diventare indispensabili al punto da ostacolare i processi di cambiamento. Daniele Decibel Bellini, al di là della separazione, resta parte della storia del Napoli, ma il club ha ritenuto di dover proseguire su una strada diversa, coerente con la propria visione strategica.

C’è però un ulteriore elemento che rende questo caso ancora più interessante da un punto di vista manageriale. L’interruzione del rapporto di collaborazione con Bellini sembra inserirsi in un filone comune a separazioni eccellenti che abbiamo già osservato negli ultimi tempi, da Starace ad Ancora. In tutti questi casi, il filo che lega le vicende è la sovraesposizione mediatica rispetto agli standard aziendali. Il professionista, nel tempo, si è trasformato in personaggio e il personaggio ha finito per prevalere sul ruolo. La percezione pubblica ha oscurato la funzione, trasformando la persona in simbolo e facendo sì che ogni scelta organizzativa nei suoi confronti venisse vissuta come un colpo di scena drammatico.

Questo è un rischio che le aziende conoscono bene. Quando un manager, un consulente o un collaboratore diventa troppo identificato con il marchio e assume un peso comunicativo sproporzionato rispetto alla sua funzione, l’equilibrio organizzativo si spezza e il personaggio diventa scomodo. Il brand personale può diventare un asset, ma oltre una certa soglia si trasforma in vulnerabilità, perché crea dipendenza e sposta l’attenzione dal valore dell’organizzazione a quello del singolo individuo. È in queste situazioni che la leadership aziendale deve avere il coraggio di ristabilire le proporzioni, anche attraverso decisioni impopolari.

Il caso Bellini, così come altri analoghi, dimostra che la gestione del capitale umano non è soltanto un esercizio di valorizzazione delle competenze, ma richiede anche la capacità di prevenire la trasformazione del professionista in personaggio. Le organizzazioni che intendono crescere e restare competitive non possono permettersi che la narrazione individuale oscuri quella collettiva. La cultura manageriale, oggi più che mai, impone una regola semplice ma impegnativa: la visione deve prevalere sulla nostalgia, il professionista sull’icona, l’organizzazione sul singolo.


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Vincenzo ImperatoreVincenzo Imperatore
Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato 22 anni come manager di un istituto di credito. Dal 2012 è un libero professionista, saggista, scrittore e giornalista pubblicista. Collabora con importanti testate.

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