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Conte e il tempo dell'apprendimento: tattica o "messaggio" per la società?

Gli studi di psicologia dello sport dicono che servono poche settimane per assimilare nuovi processi. Allora perché nel Napoli servono mesi? Forse il tempo dell'apprendimento nasconde un messaggio più profondo?


Vincenzo ImperatoreVincenzo ImperatoreAnalista finanziario e giornalista

22/10/2025 20:38 - Altre notizie
Conte e il tempo dell'apprendimento: tattica o messaggio per la società?

C’è qualcosa che non quadra. La prossemica e la comunicazione verbale di Antonio Conte sono diverse dal solito. Su un aspetto mi sono soffermato con una riflessione suffragata da analisi scientifiche: i tempi di apprendimento della metodologia di Conte.


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Conte-Napoli, c'è qualcosa che non quadra

Da consulente di direzione aziendale — e prima ancora da dirigente di una multinazionale del credito — ho studiato per anni i tempi medi con cui i collaboratori interiorizzano nuovi processi, procedure o modelli organizzativi. Anche il più lento, distratto o “analfabeta cognitivo”, in contesti strutturati e con feedback continui, impiegava massimo quattro mesi per metabolizzare una nuova metodologia di lavoro e renderla parte del proprio agire quotidiano.


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Questo dato, apparentemente banale, racchiude una verità profonda: l’essere umano è programmato per adattarsi, purché il contesto fornisca stimoli coerenti, regolari e misurabili.

E allora, se trasliamo questo paradigma nel calcio — che è a tutti gli effetti una forma di organizzazione sociale finalizzata al raggiungimento di un risultato — la domanda sorge spontanea: perché Antonio Conte sostiene che un nuovo giocatore impieghi “mesi” a comprendere i suoi schemi tattici?

Processi, procedure e apprendimento

L’impalcatura cognitiva di un sistema tattico calcistico non è diversa da quella di un processo aziendale: ci sono procedure da interiorizzare, ruoli da comprendere, interazioni da sincronizzare.

Negli ambienti aziendali, sappiamo che la curva di apprendimento segue un andamento regolare: una fase cognitiva iniziale, in cui il collaboratore comprende cosa deve fare; una fase associativa, in cui inizia a farlo con minor errore; e infine una fase autonoma, in cui l’azione diventa automatica.

Questo percorso, supportato da formazione esperienziale e feedback, si completa in media in 8–12 settimane (Fitts & Posner).

Nel calcio, gli studi di psicologia dello sport raccontano una storia sorprendentemente simile.

Ricerche su giovani e adulti mostrano che l’apprendimento tattico significativo si consolida mediamente in 14–25 sessioni di allenamento, cioè tra 4 e 8 settimane di pratica regolare (González-Víllora; Barcellos; Machado).

Nei professionisti adulti, programmi cognitivi e tattici intensivi di 5 settimane hanno già prodotto miglioramenti osservabili nel comportamento di gara (Tassi).

In termini manageriali, questi numeri corrispondono perfettamente al tempo di assimilazione dei processi aziendali complessi: non tanti mesi per passare dalla comprensione all’applicazione.

Il paradosso di Conte

Antonio Conte, a mio parere il miglior (per efficienza) allenatore italiano attualmente in circolazione, sostiene, con i fatti, che ogni nuovo atleta, prima di entrare nel “suo” sistema, debba attraversare un periodo di adattamento molto più lungo.

Lo ha dimostrato per Okafor l’anno scorso e per Lang quest’anno: servono mesi, tanti mesi, per comprendere i suoi input tattici.

Eppure gli studi sull’apprendimento motorio e tattico — come abbiamo visto — dimostrano che, con metodologie didattiche adeguate, anche gli adulti possono acquisire nuovi schemi cognitivi e tattici in tempi molto più rapidi, paragonabili ai tre/quattro mesi medi di un processo aziendale.

Il punto, allora, non è nel cervello dei calciatori, ma nell’organizzazione dell’apprendimento.

In azienda, quando un processo non viene assimilato, la diagnosi è chiara: o la procedura è troppo complessa, o la formazione è inefficace, o manca un sistema di feedback continuo.

Nel calcio vale la stessa logica: se un giocatore impiega “mesi” per comprendere, forse il problema non è l’atleta, ma la struttura comunicativa e cognitiva del modello d’allenamento. 

Ed in questo caso togliamo ogni dubbio dalla mente dei catastrofisti: Conte è un top nel learning, uno dei più efficaci insegnanti di calcio, con uno staff specializzato e competente in ogni microfase del processo di apprendimento. Basta vedere un po' di video su Youtube relativi ad interviste a suoi ex calciatori per rendersene conto.

Calcio e impresa: la stessa dinamica cognitiva

Calcio e impresa condividono la natura di sistemi complessi adattivi: entrambe le organizzazioni si basano su individui che devono coordinarsi attraverso regole esplicite (tattiche o procedure) e implicite (intuizioni, linguaggi condivisi, leadership).

L’efficacia del cambiamento dipende meno dal talento individuale che dalla chiarezza del contesto e dalla qualità del feedback.

Un allenatore come Conte, nel suo rigore quasi ossessivo, ha la capacità di di trasformare la procedura tattica in un processo aperto: il giocatore comprende non solo “cosa” deve fare ma “perché” .

E questo, secondo la psicologia cognitiva, rallenta drasticamente la memorizzazione procedurale, perché la mente apprende per significato, non per imposizione.

Sia in azienda sia nello sport, l’apprendimento non è solo tempo cronologico ma tempo di qualità cognitiva.

Laddove l’organizzazione favorisce comprensione, partecipazione e feedback, il cervello umano è in grado di integrare anche processi complessi in poche settimane.

Forse è un messaggio subliminale? 

Forse, allora, la domanda da porsi non riguarda più i tempi dell’apprendimento, ma la loro interpretazione.

Non è che, dietro la narrativa dei “mesi necessari” per assimilare i suoi schemi, Conte stia in realtà inviando un messaggio alla società?

In altri termini: non sarà che l’allenatore, più che lamentare la lentezza cognitiva dei nuovi arrivati, stia mettendo in discussione la qualità del materiale umano messo a disposizione dal club?

Come a dire — in chiave manageriale — “se mi affidi persone diverse da quelle che ho chiesto, ti mostrerò quanto tempo serve perché diventino come le mie”.

Una forma sottile, ma lucidissima, di comunicazione strategica interna, dove l’apprendimento diventa la metafora perfetta del potere e dei suoi equilibri.


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Vincenzo ImperatoreVincenzo Imperatore
Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato 22 anni come manager di un istituto di credito. Dal 2012 è un libero professionista, saggista, scrittore e giornalista pubblicista. Collabora con importanti testate.
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