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Rossi: "Conte mi voleva per il dopo Del Piero. Prandelli mi tradì, la verità sul Barcellona di Messi"

"Nel pre-mondiale in Brasile, Prandelli mi chiese come stessi. Gli dissi 'Mister, la stupirò", ha raccontato Pepito.


Luca CirilloLuca CirilloGiornalista

09/04/2025 17:06 - Interviste
Rossi: Conte mi voleva per il dopo Del Piero. Prandelli mi tradì, la verità sul Barcellona di Messi

Dopo l'addio ufficiale al calcio giocato con una partita organizzata al Franchi di Firenze, Giuseppe Rossi si è raccontato ai microfoni di RadioTV Serie A con RDS. L'ex attaccante, che ha vestito le maglie di Parma, Manchester United, Villarreal e Fiorentina, ha svelato alcuni retroscena della sua carriera.


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Sugli infortuni che hanno caratterizzato la carriera, ha spiegato: "Quando ti fai male, l'infortunio ti toglie tutto. Tu sei lì, consapevole di non poter fare nulla ed è bruttissimo. Quei momenti da solo, sono i momenti più pericolosi a livello psicologico, ti fai tante domande con il 'se' davanti. Quello che ho imparato in quei 1000 giorni di infortunio era di pensare meno ai se e di concentrarsi di più sugli obiettivi giornalieri che ti dai per migliorare e per andare avanti, per continuare a tenere vivo il sogno. Sono periodi bui che devi imparare ad affrontare".


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Non sono mancati riferimenti: "Il direttore della Fiorentina Daniele Pradè è stato fondamentale: mi feci male una seconda volta dopo 5 mesi, nessuno mi voleva. Lui mi chiese di incontrarci a New York: fu bello, una squadra voleva puntare su di me. Cenammo insieme e capii che era la destinazione giusta per proseguire la mia carriera: gli devo tanto. Mio padre? Era tutto per me, mi ha lasciato un bigliettino che conservo ancora dove descrive i fondamentali del calcio: leggerlo ti fa comprendere la semplicità di questo sport. Se ti alleni sui fondamentali il calcio diventa più facile: se i calciatori si concentrassero su questi aspetti rispetto a tanti che si vedono in tv potrebbero diventare qualcuno di importante".

Poi i retroscena di mercato: "Mi voleva il Barcellona di Guardiola, la figura principale era ovviamente Leo Messi. Si diceva che tutti i giocatori che andavano al Barcellona passassero da lui. Non so se fosse vero, quello che so è che mi vedevano nel tridente con lui e David Villa e questo fa capire che stagione avessi fatto, quello che ero diventato. La trattativa non andò a buon fine perché il Villarreal voleva qualcosa di più a livello di fisso, più che di bonus. Saltò tutto. Avrei giocato in una delle squadre più forti della storia del calcio. Nella stessa estate ci fu una grande possibilità di andare alla Juventus. Mi offrirono un bel contratto, parlai con Marotta e Conte e mi dissero che mi volevano per il dopo Alex Del Piero. Ricordo che all'inizio esitai, non ero convinto del fatto che fossero tornati ad essere quella grande Juve del passato. Mi fecero un'offerta che comunque non avrei potuto rifiutare. Perciò andai dal Villarreal a dire che volevo partire, ma il club bloccò la trattativa perché avevano già fatto cessioni importanti e dissero che in Champions volevano fare bella figura. Mi dissero: questo è il contratto, dicci quanto vuoi per rimanere. Da questo punto di vista, fu un bel momento".

In tanto ricordano i gol segnati da Pepito contro la Juve in un avvincente 4-2 al Franchi, in cui i viola rimontarono le reti di Pogba e Tevez con la tripletta proprio di Rossi e la marcatura di Joaquin. A proposito di quella partita, Rossi ricorda: "La più bella mezz'ora non solo della carriera, ma di tutta la mia vita. In quel momento capii per i tifosi della Fiorentina cosa volesse dire quella rivalità. Dopo i due gol segnati dalla Juventus iniziammo a sentire i primi mormorii in tribuna: volevamo ribaltare il risultato e regalare una gioia ai nostri sostenitori. Per questo motivo venimmo fuori dagli spogliatoi colpire prima, senza quella parata incredibile di Neto su Marchisio, il 3-0 ci avrebbe sfondato. Il resto è storia".

Sulla Nazionale: "Il primo anno in Spagna feci 17 gol. Avevo 20 anni, volevo giocare a quei livelli e far vedere al mondo il mio talento. Così arrivò la Nazionale nell'anno dei Mondiali in Sudafrica, ma venne a mancare mio papà. Presi un mese per stare con la mia famiglia, tornai a marzo e feci due mesi di campionato. Iniziò il ritiro e il motivo per cui Lippi mi disse che non mi avrebbe portato era perché, secondo lui, a livello emotivo, non ero pronto. Avrei voluto parlargli prima della lista definitiva, dirgli che dopo la morte di mio papà avrei avuto invece un motivo in più per fare bene".

Quattro anni dopo, invece, sfumò la chance di andare in Brasile: "Ero capocannoniere in Serie A, la Fiorentina era seconda, stavamo facendo una stagione bellissima. Poi arrivò l'infortunio a gennaio, restai fuori tre mesi e tornai per le ultime tre partite, giocando bene. Nel pre-mondiale in Brasile, Prandelli mi chiese come stessi. Gli dissi 'Mister, la stupirò'. Facemmo tanti test, giocammo contro l'Irlanda, una partita che andò male, ma comunque mi sentivo sicuro di andarci ai Mondiali. Invece mi chiamò dentro lo spogliatoio per dirmi che non sarei rientrato nel gruppo finale. Mi sentii tradito da Prandelli. Ora l'ho superata, ma se ci ripenso il tradimento lo sento ancora".


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Luca CirilloLuca Cirillo
Giornalista dal 2010, ha lavorato per Il Roma. Da vicedirettore ed inviato di giornali online, ha seguito il Napoli in giro per l'Europa. È autore e conduttore di programmi su Radio Amore e collabora con alcune riviste.

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