Mazzarri: "Nessuno come me a Napoli! A Cavani insegnai a tirare come Maradona. Guardiola mi studiava"
L'ex allenatore del Napoli e dell'Inter, Walter Mazzarri, racconta i retroscena della sua esperienza sulla panchina azzurra.

Walter Mazzarri si racconta ai taccuini de 'La Gazzetta dello Sport'. L'ex allenatore - tra le altre - di Napoli, Sampdoria, Bologna, Inter e Reggina si è lasciato andare ad alcuni curiosi retroscena della sua carriera e dell'esperienza vissuta sulla panchina azzurra.
La fase difensiva e il gesto dell'orologio
"Quando le cose non vanno bene, mi assumo le responsabilità. Io penso a difendere i miei calciatori sempre, magari usavo delle scuse per non farli attaccare. Invece oggi vedo miei colleghi che attaccano i loro giocatori pubblicamente. A me non interessa fare bella figura, io avevo sempre da proteggere la mia squadra. Il mio gesto dell'orologio è diventato iconico. Io volevo recuperare il tempo oppure volevo il fischio perché vincevo. Noi giocavamo bene e per far risultato contro di noi se ne inventavano di ogni. Questo gesto ora è immortalato al Maradona. Sarà diventato un "meme" e in questo senso possono anche farmi piacere".
Tanti gol dagli attaccanti
"Tutti hanno sempre fatto un gran numero di gol sotto la mia gestione. Rolando Bianchi dopo la Reggina con me è andato al Manchester City. Tutti gli attaccanti hanno sempre fatto benissimo con me, ci sarà un motivo? Nella vita contano i fatti, poi magari a qualcuno Mazzarri sta antipatico ma i numeri parlano chiaro".
I tre tenori del Napoli
"Come nasce l'idea dei tre tenori al Napoli? In primis devi avere la fortuna di avere calciatori adatti al tuo gioco. La forza di Lavezzi era saltare l'uomo, per questo dovevo per forza farlo partire largo a sinistra. Se lo avessi messo al centro non sarebbe stato efficace, quando l'ho conosciuto l'ho capito subito ed ho cercato di esaltare le sue qualità. Il Pocho era esplosivo, nel breve era fortissimo ma poi a fine azione faceva fatica a recuperare. In quel caso c'era Hamsik, intelligente, completo e con grande gamba, si abbassava per fare il 3-5-2 'storto' come lo definisco io. Lavezzi, Cavani e Hamsik ho avuto la fortuna di allenarli quando non erano ancora campioni, ma ancora ragazzi ed erano giovanissimi. I 'tre tenori' sono diventati tali dal secondo anno".
"Così ho trasformato Lavezzi"
"Lavezzi - aggiunge Mazzarri - con me è diventato atleta perché l'ho fatto dimagrire. Quando firmai con il Napoli si vociferava che potesse andare via, io mi sono imposto per farlo restare in azzurro perché sapevo che sarebbe diventato quello che poi abbiamo visto.Hamsik è rimasto a Napoli perché era innamorato della città, ma aveva proposte importanti anche dalla Juventus".
Kvara come il Pocho?
"Quando sono tornato a Napoli ho provato a fare una cosa simile che facevo con Lavezzi anche con Kvaratskhelia. Però avevo la mezzala che non aveva le caratteristiche idonee per il tipo di corsa che chiedevo e quindi abbiamo optato per qualcosa di diverso".
Rapporto Lavezzi-Mazzarri
"Difficile allenare Lavezzi? Quando all'inizio me lo dissero, c'era Quagliarella e non Cavani. Il Pocho non pensava alla fase difensiva e se ti difendi in uno in meno cambia tutto. A Lavezzi dissi di migliorare la condizione atletica, poi quando finisce l'azione dopo cinque-sei dribbling devi tornare e metterti davanti al terzino. Lo obbligavo a rientrare, glielo dovevo ricordare sempre e lui me lo chiedeva perché mi diceva che se lo dimenticava. Con lui ho avuto un grande rapporto".
Mazzarri a Cavani: "Devi tirare come Maradona"
"Basta guardare i dati tra il passaggio a Palermo e Napoli. Quando arrivò tutti mi dicevano che aveva una forza incredibile, ma era frettoloso e sbagliava tanto sotto porta. Dopo l'allenamento mi fermavo con lui e gli dicevo sempre 'guarda la palla, rallenta e carica il tiro davanti al portiere'. Se vedete Maradona, quando calcia lui rallenta e guarda la palla perché già sa dov'è la porta. Da quando Cavani ha iniziato a fare così è diventato un bomber pazzesco, segnava da tutte le parti".
Perché il Napoli acquistò il Matador
"Cavani l'ho voluto io - rivela Mazzarri - perché, quando ero alla Sampdoria, affrontai il Palermo e lui riusciva a pressare tutti da solo. Mi rimase impresso, aveva una corsa pazzesca e si muoveva tanto. Segnava poco e non convinceva tutti. Dissi a Bigon di prenderlo e lo stesso dissi al presidente perché volevamo fare uno step in più dopo il sesto posto. Cavani arriva a Napoli perché l'ho voluto io, loro avevano pensato ad un altro che secondo me in Serie A avrebbe fatto al massimo il quarto attaccante".
Allenatore più duraturo con De Laurentiis
"Credo di essere stato l'unico a Napoli quattro anni con De Laurentiis: in questo, nessuno è stato come me. Sarri è stato tre anni ed anche gli altri che hanno vinto lo scudetto sono rimasti meno di me. Rapporto con altri giocatori del Napoli? Maggio, Lavezzi e Cavani, calciatori con cui avevo uno splendido rapporto, se devono parlare di me a qualcuno lo fanno con il massimo della riconoscenza".
La soddisfazione maggiore
"Il più grande successo tra Coppa Italia con il Napoli, record punti con il Torino, salvezza Reggina o promozione in A con il Livorno? Mi metti in difficoltà, ma la risonanza della piazza di Napoli è enorme perché ti vedono da tutto il mondo. Battemmo la Juventus e fu l'apoteosi quella vittoria. Ma anche a Reggio fu come uno scudetto vinto con 70mila persone in piazza per quella salvezza. Penso poi anche alla Sampdoria ed al Livorno, casa mia. Di soddisfazioni ce ne sono state tanti e di tutti i tipi".
"Campagnaro sottovalutato"
"Giocatore più forte che ho allenato? Ho fatto un capitolo su Hamsik sul libro perché era il più completo. Ma penso anche a Cavani, Lavezzi o Lucarelli e Pazzini. Tanti ragazzi che mi vogliono bene e li ringrazio. Marek era un cervello in campo, eseguiva subito. Giocatore più sottovalutato? Campagnaro, ora si parla tanto di braccetto ma noi già eravamo evoluti perché Campagnaro portava superiorità numerica in fase offensiva. Oggi se ne parla tanto, ma noi già lo facevamo diversi anni fa".
Quando Guardiola studiava Mazzarri
"Guardiola? Nei miei anni il Napoli faceva un calcio semplice e bello, che ora in tanti come Gasperini hanno replicato. Le squadre che giocavano a quattro si trovavano in difficoltà. Per questo motivo Guardiola, che studia tantissimo ed è tra i più grandi di sempre, ci invitò al trofeo Gamper per studiare il nostro metodo da vicino. A fine partita abbiamo bevuto un drink nel suo studio e abbiamo parlato perché era molto incuriosito", conclude l'ex allenatore del Napoli.
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