Gianfelice Facchetti: "Calciopoli? Una montagna di pattume. Mio padre non è stato neanche sfiorato"
In un'intervista a La Repubblica il figlio d'arte Gianfelice Facchetti è ritornato a parlare dello scandalo di Calciopoli.

A distanza di quasi venti anni dallo scandalo con le relative pene, Calciopoli è una ferita ancora aperta per i tifosi della Juventus. Tra i protagonisti indiretti c'è sempre stato anche Giacinto Facchetti, bandiera dell'Inter morta nel 2006, che è tirato in ballo nel corso degli anni senza la possibilità di difendersi.
In un'intervista a La Repubblica, il figlio Gianfelice Facchetti si è tolto qualche sassolino dalle scarpe: "In gergo nostro si parla di svuotamento: l’attore mette a tacere la propria personalità e si immedesima in quella del personaggio. E io rivissi le sue sensazioni, in primis la solitudine. Non c’erano testimoni, nessuno parlava, nessuno andava in aula, finché ho trovato i suoi appunti originali e ho fatto il testimone de relato, appunto riferivo come se fossi lui".
"Pochissime differenze dal recitare la sua parte. Intendiamoci, i tifosi non mi hanno mai abbandonato, ma non potevano certo testimoniare. E nessuno poteva essere preparato alla montagna di pattume che è stato quello scandalo e che per fortuna non ha neppure sfiorato papà" ha proseguito il figlio d'arte.
Chiusura sul cognome molto pesante da portare: "Di sicuro mi aveva dato piacere affrancarmi dall’eredità paterna e già dopo i 20 anni — quando vivevo in via Rubens — lavorare nei bar e frequentare la scuola Quelli di Grock. Lì ero un perfetto sconosciuto, non il figlio di".






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