Agostinelli e il dramma del figlio: "Cominciò tutto a Napoli. Non me ne sono mai fatto una ragione"
L'ex allenatore e calciatore del Napoli ricorda il dolore per la scomparsa del figlio, avvenuta nel lontano 2014.

Andrea Agostinelli torna con la memoria ad uno dei momenti più dolorosi della sua vita, la morte del figlio Gianmarco (faceva uso di cocaina), allora 33enne, nel 2014. L'ex allenatore, da tempo commentatore ed opinionista sportivo, ne riparla oggi ai taccuini del 'Corriere della Sera'. A seguire, un estratto delle sue dichiarazioni.
"Quando vivi una tragedia simile, per metà muori anche tu, non ti risollevi più. È un fatto innaturale, una parte del cuore va in necrosi. Il dolore si può imparare solo a gestirlo. Il tempo non cancella niente. Tutto quello che si è letto purtroppo è vero. Ha cominciato nel 2003, mentre allenavo il Napoli. E pensare che in casa mia non era mai entrato nulla, neanche una sigaretta. Quando io e mia moglie lo scoprimmo, si giustificò: “Lo fanno tutti”. Lo abbiamo mandato in comunità, attraverso le mie conoscenze si è fatto strada nel calcio. Aveva anche esordito in C2″.
"Più volte mi sono chiesto: 'E se non lo avessi lasciato da solo quella notte?'. Pistoia è dove ho ottenuto i successi più belli, volevamo tornare a vivere lì. All’indomani avrebbe dovuto visitare un’agenzia immobiliare. Non ha capito il valore della vita. Ma non c’è un momento della giornata in cui non lo pensi. Non me ne facevo una ragione. 'Perché a me?', mi domandavo. A Pistoia fatico a tornare. Ho tanti amici che mi aspetterebbero a braccia aperte. Ma è ancora dura”.
“Invidio chi oggi riesce a dare un’educazione comportamentale ai propri figli. I ragazzi hanno troppo, controllare tutto è impossibile. Ricordo mio papà Attilio, che mi portava sempre al campo. Educazione vecchio stampo ma per essere felici ci bastava poco, come una passeggiata alla fontanella vicino casa per mangiare una fetta d’anguria”.





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