Napoli, la miglior partenza di sempre
Il Napoli ha iniziato la stagione in maniera eccezionale. Angelo Forgione ne parla nel suo editoriale per AreaNapoli.it.

Napoli primo in Serie A e primo nel girone A di Champions. La prima lettera dell’alfabeto sembra portare proprio bene alla rivoluzione partenopea operata in estate, e anche prima, da De Laurentiis e Giuntoli, e pure il numero 16, ‘o culo nella smorfia napoletana, tanto evocato insieme alla lettera A dai contestatori della Proprietà, pare aver apportato ottima sorte. 12 match disputati fin qui senza sconfitte, di cui 10 vinti e 2 pareggiati, con ben 35 gol fatti e solo 9 subiti. È il percorso in Champions League che fa di quest’abbrivio il migliore della storia azzurra, perché in campionato ve ne sono stati paradossalmente di migliori, a cominciare da quello della scorsa stagione: 8 successi e 1 pareggio nelle prime 9 giornate, corredate da una vittoria e un pareggio nel girone di Europa League. 8 successi e 1 pareggio anche nella stagione 2017/18, l'ultima di Sarri in panchina, allorché i partenopei persero contestualmente due partite nelle prime tre giornate del girone di Champions League. Lo score di 7 vittorie e 2 pareggi di questo Napoli risulta notevolmente impreziosito dalle 3 vittorie in Champions League, competizione ben più difficile dell’Europa League. E che vittorie! Contro Liverpool, Ajax e Rangers.
Inaspettatamente, il Napoli è uscito esplosivamente dai blocchi di partenza. C’è tantissimo Azzurro in campo, da Ferragosto a qui; anche troppo per gli avversari, a giudicare dal rifiuto di scambiar maglie con i calciatori partenopei, rei di non aver avuto pietà e di aver violato la storia del football. Di Azzurro se ne vede un po’ meno sulle prime pagine dei quotidiani italiani e nei dibattiti delle trasmissioni sportive, che preferiscono appagare le gioie dei milanisti e approfondire i patimenti juventini e le difficoltà interiste, relegando la squadra italiana più spumeggiante del momento alle chiacchiere secondarie, da liquidare con la solita e immancabile domanda: “Il Napoli reggerà?”. L’ha posta anche lo sbadato Jacopo Volpi a Eraldo Pecci e Sebino nella nella sua nuova rubrica RAI Atuttocampo, aprendo la puntata di venerdì scorso facendo la fotografia settimanale del calcio italiano in Europa, dimenticando di citare quella che era, è, e resterà, una delle prestazioni più memorabili del football nostrano in Europa, e non mi riferisco al pur storico ma ormai archiviato 4-1 rifilato al Liverpool.
Succede perché, in epoca di crisi editoriale del cartaceo, si va incontro al core-business, ovvero le tifoserie di Milan, Inter e Juventus, come ha candidamente ammesso il direttore della Gazzetta dello Sport Stefano Barigelli lo scorso febbraio, rispondendo a chi gli aveva chiesto perché il Napoli non avesse il giusto spazio sulle prime pagine del suo quotidiano sportivo nazionale. Succede anche più oggi, nonostante gli straordinari risultati del Napoli di questi tempi, perché la storia del club e quella di Spalletti sono una miscela esplosiva di “vorrei ma non posso”. Come non ricordare il Napoli di Sarri, per esempio, formidabile macchina da gol che chiuse secondo con 91 punti nella primavera 2018, roba mai vista nella storia del calcio italiano? Primissimo alla giornata 9 con 25 punti e poi campione d’inverno, ma per quel Napoli memorabile finì senza alcun trofeo. Stessa sorte per il Napoli di Spalletti dello scorso anno, primo alla giornata 9 con il Milan a quota 25 punti e poi inciampato già a dicembre, prima di crollare in primavera. Potremmo anche scomodare il Napoli di Benitez del 2015-16, campione d’inverno e poi sverniciato dalla Juventus nel girone di ritorno, per spiegare come il club di De Laurentiis, negli anni costantemente al vertice, si sia appiccicato addosso l’etichetta di squadra inaffidabile. Napoli marinaio, che promette ma non mantiene; la pensano così un po’ tutti, anche gli stessi tifosi partenopei.
Questo Napoli, però, pur orfano dei senatori che hanno fatto storia, è evidentemente più forte di quello dello scorso anno per profondità di rosa, motivazioni e unità del gruppo. È più forte anche del Napoli di Sarri, che mostrò le medesime motivazioni, anche se limitatamente al solo campionato, ma avendo meno qualità nei rincalzi e pure soli tre sostituzioni a disposizione, rispetto alle cinque di oggi. Tocca dunque a questo prodigioso gruppo, privo di primedonne e ricco di risorse insospettate, smentire le cassandre della vigilia e anche la storia recente. Dovrà farlo da qui in avanti, spingendo sul pedale del gas con la strada in salita verso il giro di boa: Roma e Atalanta da affrontare in trasferta prima della sosta per i Mondiali, e poi l’Inter a San Siro alla ripresa, mentre il Milan, l’avversaria di riferimento per qualità di gioco e risultati, battuto nello scontro diretto al Meazza ma arrivato alla nona giornata attraverso un percorso più difficile, ha da segnare in rosso il solo match casalingo contro la Roma di gennaio.
È certo che la responsabilità maggiore di questo esplosivo Napoli, e del suo allenatore, è di non mollare ancora una volta. L’entusiasmo della piazza, sempre ritenuto un’arma a doppio taglio nella narrazione del calcio a Napoli, sarà alleato della squadra se questa girerà a metà percorso in piena bagarre e mostrerà ancora qualità di gioco. Allora bisognerà iniziare a scrollarsi di dosso i soliti timori e le tipiche scaramanzie partenopee. Il Napoli di Maradona e la Roma di Capello hanno vinto il tricolore dell’altra Italia quando hanno proclamato ai quattro venti la loro fame e l’obiettivo, dopo esserselo messo in testa. Per ottenere un grande risultato c’è bisogno di perseveranza e pervicacia, non di paure e tentennamenti, limiti mentali anche nello sport. Sarebbe pure ora di sfarinare qualche stantio luogo comune. "Chi nun tene curaggio nun se cocca cu' 'e ffemmene bbelle", si dice attorno al Vesuvio.





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