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L'ha vinta Conte, l'ha persa Spalletti. Capolavoro azzurro, i numeri della disfatta bianconera

L'analisi di Napoli-Juventus, la gara dello stadio Diego Armando Maradona ha certificato una grande differenza tra le due squadre.


Alessandro D'AriaAlessandro D'AriaMatch Analyst

08/12/2025 16:10 - Campionato
L'ha vinta Conte, l'ha persa Spalletti. Capolavoro azzurro, i numeri della disfatta bianconera

Lo diciamo subito: non parlate e non scrivete di vittoria di corto muso. L’affermazione del Napoli sulla Juventus è stata ben più netta di quanto non dica il risultato di misura. Una superiorità, quella dell’undici allenato da Antonio Conte, a tratti schiacciante, una azione spesso arrembante, segnatamente nella prima ora di gioco, che soltanto l’episodico gol di Yildiz su una transizione secondaria dei bianconeri, ha macchiato. Ma è stato un attimo, giusto qualche minuto di scoramento, per l’ingiustizia subita, prima che gli azzurri tornassero ad arrembare sotto la storica Curva “B”.


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L'analisi di Napoli-Juventus

L’APPROCCIO. Che sarebbe stata una di quelle serate elettricamente magiche per il pubblico del Maradona, tornato a ruggire per l’occasione come nei tempi migliori, lo si è intuito fin dai primissimi minuti. L’approccio alla gara dei partenopei è stato di quelli famelici, il pallone cannibalizzato dai padroni di casa. Neres sgusciante e imprendibile, Lang a danzare tra le linee senza dare punti di riferimento, Elmas e McTominay a “mangiare” campo consentendo alla difesa di salire e alla squadra intera di restare corta, Hojlund voglioso e affamato di gol e di duelli. Nei primi venti minuti del match sembrava di vedere una provinciale venuta a Fuorigrotta per cercare un prezioso pari, tant’è stata lampante la differenza di livello tra le due squadre. Un Napoli, oltre che intenso, anche esteticamente godibilissimo, quanto imprevedibile e randomico, con un Neres formato nazionale e un Hojlund in vena di confezionare reti a mò di dolcetti danesi, burrosi e godibilissimi.


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CENTROCAMPO SONTUOSO

Sorprendente la prestazione e il livello offerto dalla mediana, inedita, del Napoli. Una speciale attenzione va dedicata alla prestazione di Eljif Elmas, trasformista macedone la cui preziosa duttilità consente spesso al tecnico azzurro di sopperire alle assenze nei reparti più svariati. Ieri in versione controfigura di Lobotka, il prezioso mediano/trequartista/ala/mezzala azzurro ha offerto una prestazione di straordinario livello, mostrando acume tattico e insospettabile affiatamento con McTominay, coprendone le incursioni e riuscendo a dettare tempi nel palleggio e tenuta delle giuste distanze, abbassandosi quando necessario per l’uscita dal basso, e alzando il baricentro quando era necessario aggredire. Di Scott McTominay risulta quasi noioso tessere lodi e sprecare aggettivi che nemmeno più riusciamo a reperire, data la trasversalità delle sue prestazioni. Nella fattispecie diremmo “eroico”, autentico “braveheart” per restare in tema di Scozia, quando stringe i denti per oltre un’ora per un fastidio al gluteo. Highlander al grido di “ne rimarrà uno solo”, con riferimento alla memoria dei “Fab four”, tutti eliminati dagli infortuni, tutti tranne uno, l’immarcescibile Scott.

LUCIANO A LEZIONE DA ANTONIO

Era attesa con curiosità la sfida, inedita a livello di gare ufficiali, tra il tecnico del terzo scudetto e quello del quarto titolo. Una autentica lezione di calcio e di tattica, aiutata dalle scelte cervellotiche del tecnico bianconero, il quale, orfano di Vlahovic, ha presentato una squadra senza punte di ruolo nel tentativo evidente di non dare riferimenti alla difesa del Napoli, tenendo McKennie in posizione ibrida in mezzo ai due trequartisti Conceicao e Yildiz, e schierando un lento Cabal sulla fascia sinistra, quella per intenderci nella quale ha imperversato con la sua velocità e il suo funambolismo quel furetto di Neres. Risultato: i tre centrali difensivi azzurri hanno fagocitato ben presto i tre attaccanti juventini, il brasiliano ha fatto il bello e il cattivo tempo su quella fascia dalla quale sono nati assist vincente per il primo gol e azioni pericolose a iosa. Ma il peggio è venuto quando, dopo avere miracolosamente trovato un pari inatteso con il gioiellino turco, l’unico in grado di procurare col suo talento qualche noia alla retroguardia azzurra, Spalletti ha deciso inspiegabilmente di togliere dal campo il dieci bianconero per schierare l’impalpabile Openda in coppia con l’altrettanto non pervenuto David, che nella ripresa aveva sostituito il disastroso Cabal. Insomma, al cospetto di un Napoli disegnato magistralmente dalla penna di Antonio Conte, tutte sbagliate si sono rivelate le scelte di Spalletti, che da ieri sera sale a tutti gli effetti sul banco, affollato per la verità, degli imputati per il fallimento, l’ennesimo, del progetto tecnico juventino.

I NUMERI DELLA DISFATTA BIANCONERA

Senza voler infierire, ma solo per amor di cronaca e per fedeltà alla narrazione offerta dai dati, i numeri parlano in maniera oggettiva e impietosa di una stagione, al momento, fallimentare. Dopo un mercato estivo da circa 137 milioni di euro, con un saldo netto passivo di circa 53 milioni di euro considerando anche le plusvalenze derivanti dalle cessioni, la Juventus si ritrova dopo quattrodici giornate, con 23 punti in classifica contro i 26 dello scorso anno, avendo segnato 18 reti contro le 22 della scorsa stagione e avendone subite 14, ben 6 in più rispetto alla scorsa annata in cui erano state solo 8 le reti al passivo. Settima in classifica a -8 dalla vetta (lo scorso anno era sesta a -6 dalla capolista) e con metriche a loro volta peggiorate. Gli expected goals senza rigori mostrano un valore di 1,41 a gara, praticamente invariato rispetto a 1,42 della scorsa stagione, ma i goals attesi subiti senza rigori sono pari a 0,93, molto peggio dello 0,57 del 2024/25. Una fragilità esterna davvero preoccupante, che racconta di 7 gare disputate, con 2 sole vittorie, 2 pareggi e ben 3 sconfitte, 8 punti conquistati, decimo rendimento della Lega Serie A, con sole 6 reti all’attivo, terzultimo attacco esterno, e ben 8 al passivo. Numeri che certificano la scarsa personalità di una squadra alla guida della quale si avvicendano tecnici – ben 3 a libro paga in un anno se consideriamo l’esonero di Thiago Motta datato 23 marzo 2025 – ma latitano cifra tecnica, gioco e soprattutto risultati.

…E QUELLI DEL CAPOLAVORO AZZURRO

Con 7/11 potenziali fuori – Meret, Gutierrez, Gilmour, De Bruyne, Lobotka, Anguissa e Lukaku – e qualche acciaccato in via di totale recupero – Spinazzola – un uomo solo al comando con il suo manipolo di guerrieri muniti di elmetto e di pugnale tra i denti. Conte e i suoi ragazzi, dopo la disfatta di Bologna, hanno saputo ricreare alchimia e gruppo, una ritrovata intesa che ha fruttato un ciclo di 5 gare vittoriose (inclusa la vittoria ai rigori in Coppa Italia ai danni del coriaceo Cagliari), tutte pesanti: Atalanta, Qarabag, Roma, Cagliari e Juventus, nell’ordine, con 9 reti segnate e solo 3 subite, un assetto tattico nuovo nella struttura e negli uomini, capace di conciliare ottima verve offensiva con robustezza difensiva e di iscrivere alla causa azzurra nuovi protagonisti come Lang, Neres e lo stesso Gutierrez prima dell’infortunio. Elementi cha hanno portato nuove energie, nuova linfa e un approccio da assatanati di campo, vogliosi della giusta ribalta. Tutto questo raggiungendo il primo posto in classifica, con un solo punto in meno della scorsa stagione (furono 32 i punti contro i 31 attuali), di segnare una rete in più (22) dello scorso anno (21) e di subirne anche 3 in più (12 contro 9). Un xG attivo migliore (1,44 a partita contro 1,35 dell’annata scudettata) e uno passivo soltanto leggermente peggiore (0,92 rispetto a 0,79). Il tutto, avendo affrontato tutte le squadre che figurano tra le prime 8 in classifica e, tra le cosiddette big, a parte la sconfitta inopinata di Milano contro i rossoneri e la disfatta salutare di Bologna, avendo vinto praticamente tutti gli scontri diretti, collezionando gli scalpi di Roma, Juve, Inter, e impattato con il Como. Risultati e numeri di un miracolo sportivo da ascrivere al lavoro quotidiano e certosino della gang di Conte, in attesa che man mano tornino i lungodegenti per i quali i superstiti hanno riservato una lieta sorpresa: troveranno il Napoli lassù, come e forse meglio di come lo avevano lasciato.

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Alessandro D'AriaAlessandro D'Aria
Match Analyst e Football Data Analyst certificato ed abilitato alla professione. Giornalista pubblicista iscritto all'ODG Campania, a fine anni '90 ha seguito da vicino il Napoli, sia Primavera che prima squadra.
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