De Bruyne, spunta la verità "nascosta" sul suo infortunio
Lo stop di Kevin De Bruyne, in Napoli-Inter, mette in seria difficoltà le scelte di Antonio Conte per la prossima partita.

Se il Napoli è riuscito a rialzare la testa dopo due sconfitte consecutive tra campionato e Champions League, c'è un fronte sul quale continua a faticare: l'emergenza infortuni. La squadra di Conte naviga in acque agitate sul piano fisico e, se il problema legato a David Neres sembra essere contenuto, ciò che davvero preoccupa è lo stop di Kevin De Bruyne.
Il trequartista belga si è fermato subito dopo aver trasformato il rigore che ha aperto la sfida contro l'Inter. Appena calciato il penalty, ha portato la mano al flessore con un'espressione inequivocabile: qualcosa si è fatto sentire e non in modo lieve. Pochi istanti dopo si è accasciato a terra, incapace di restare in piedi ed è stato accompagnato fuori dallo staff medico tra l'ansia palpabile dei tifosi.
Le prime sensazioni non sono positive: secondo diverse indiscrezioni, il 2025 di De Bruyne potrebbe essere già finito, con un rientro ipotizzato non prima dell'inizio del nuovo anno. Una prospettiva che complica ulteriormente le rotazioni offensive di Conte e apre una riflessione più ampia su quanto avvenuto nell’azione incriminata.
C'è infatti una verità nascosta dietro l’infortunio del belga: ancora una volta, il VAR ha avuto un ruolo indiretto ma determinante. Prima dell'esecuzione del rigore, le immagini sono state analizzate per lunghi minuti dalla sala VAR. Una pausa eccessiva, che ha costretto De Bruyne a restare fermo a lungo, con i muscoli raffreddati e la tensione nervosa alle stelle. Il risultato? Un tiro potente sì, ma eseguito quasi a freddo, con un carico muscolare improvviso che ha portato allo stiramento.
Ecco il punto: il VAR sta diventando un problema anche per l'integrità fisica dei giocatori. Le attese interminabili non solo spezzano il ritmo emotivo delle partite, ma diventano un rischio atletico. Se la tecnologia deve aiutare il gioco, non può perdersi nella burocrazia.
Serve rapidità, serve decisione, serve buon senso. Perché quando una verifica dura tre minuti (anche più) per stabilire ciò che il campo aveva già mostrato, si entra in una zona grigia che danneggia lo spettacolo e mette a rischio i protagonisti. Il caso De Bruyne è l'ennesimo campanello d'allarme.
Il calcio - e chi lo governa - deve chiedersi seriamente se la direzione intrapresa sia quella giusta. Perché un regolamento che protegge la giustizia del gioco ma mette a repentaglio la salute dei calciatori non è progresso: è un cortocircuito.
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